RITRATTO DI UN UOMO MORTO, SARAH HALL
Quattro personaggi in un intrigante gioco d'incastri che corre sul filo sottile tra vita e morte
Un anziano pittore, Giorgio, che vive in un luogo isolato tra le colline italiane. I suoi quadri sono un genere insolito di natura morta: dipinge bottiglie. Di lui leggiamo il suo diario- è morto alla metà degli anni ‘60.
Un altro pittore, Peter. Anche lui non è più giovane ma vive nei nostri tempi. E’ un paesaggista, ama mettere su tela il ruvido paesaggio di dirupi e brughiere del Cumberland in cui abita, al confine con la Scozia. Sua figlia Susan, anche lei un’artista, fa la fotografa. Annette, infine, una ragazza cieca che, quando ancora frequentava la scuola, ha avuto il vecchio pittore Giorgio come insegnante di disegno.
Sono quattro i protagonisti di “Ritratto di un uomo morto” di Sarah Hall e quattro sono i registri narrativi- in terza persona il racconto di Peter e di Annette, in prima persona quello di Giorgio e in seconda persona quello di Susan. Perché Susan ha un fratello gemello, Danny, il quinto personaggio presente assente perché Susan riceve la notizia della sua morte all’inizio del romanzo. Quando era bambina a Susan capitava di parlare in seconda persona, mescolando il “tu” dell’identità del gemello con l’ “io” di se stessa. Come fossero indistinguibili, inseparabili. Finché era stata in terapia con un medico che non le piaceva affatto.
È come un gioco di incastri, il romanzo di Sarah Hall. Non facili da individuare perché ci sono da fare salti di tempo e di spazio tra una storia e l’altra, quella del pittore ripiegato su se stesso che si accorge della straordinaria capacità visiva della bambina quasi cieca che è sua alunna e che riceve lettere di ammirazione da parte di un giovane Peter. Il quale è diventato padre dei gemelli dopo una vita movimentata in cui ha sperimentato un po’ di tutto in un’esaltazione di libertà, compreso un primo matrimonio con una ragazza affascinante ma tossicodipendente che, ad un certo punto, aveva lasciato. E lei era morta poco dopo.
“Ritratto di un uomo morto” sembra correre sul filo sottile tra vita e morte. C’è tanta vita, quasi fame di vita da parte di personaggi sanguigni come Peter o allegri e stravaganti come Danny. Persino Susan, che cerca nel sesso una rivincita sulla morte dopo la scomparsa del fratello, vuole affermare un inestinguibile istinto vitale. Quanto ad Annette, la gentile fioraia che riconosce i fiori dal profumo, pare librarsi in un mondo di mezzo, tra corpi minacciosi e puri spiriti- che possono essi pure contenere una minaccia. Dall’altra parte c’è la morte, come nei quadri antichi di natura morta dove un teschio è appoggiato sul tavolo accanto ad un vaso di fiori colorati.
La morte che avanza senza sorprese verso Giorgio ammalato, che è in agguato tra le rocce per Peter, che è tra le tombe del cimitero che Annette visita regolarmente. Che soprattutto coglie Danny, il ragazzo d’oro che certamente non era in sé quando faceva acrobazie sulla bicicletta andando contromano in strada. In un romanzo in cui si parla molto anche di arte Sarah Hall usa la tecnica con cui potrebbe dipingere un quadro. Prima con grosse pennellate, poi aggiungendo tocchi, poi usando un pennello più sottile.
I personaggi inglesi sono i più riusciti- soprattutto Peter, così esuberante e ingombrante. I paesaggi sono bellissimi in entrambe le parti del romanzo, anche perché sono perfetti come sfondo per le diverse personalità- selvaggio e ruvido il Cumberland, dolce nelle curve e nei colori l’Umbria. Ma Sarah Hall è un’artista architetto: impossibile non ammirare anche la costruzione dell’opera.
Sarah Hall, Ritratto di un uomo morto, Ed. gran vía, trad. Fiorella Moscatello e Giovanna Scocchera, pagg. 325, Euro 17,00