"Nel nome del figlio", Maggie O’Farrell
Maggie O’ Farrell ha vinto il Women’s Prize for Fiction 2020 con questo romanzo e, leggendo la recensione a cura di Marilia Piccone, scopriamo Agnes Hathaway, la donna che Shakespeare sposò quando lui aveva solo diciotto anni.
Hamnet. Hamlet. Soltanto una consonante che li differenzia, anche se in realtà, nei registri parrocchiali dell’epoca, risulta che fossero lo stesso nome. Per Hamnet, il figlio del Bardo che morì a 11 anni nel 1596, e per Hamlet, il protagonista di una delle più famose tragedie di Shakespeare.
Il titolo originale del romanzo di Maggie O’Farrell è proprio “Hamnet” e la dedica è ‘a Will’. C’è un solo ‘Will’, non c’è bisogno del cognome. Nel libro, però, che inizia con la corsa disperata del bambino in cerca della madre, della nonna, del dottore, di qualcuno che venga a visitare Judith, la sua gemella che sta molto male, non è Hamnet il personaggio principale, e neppure il grande poeta. È Agnes Hathaway, la donna che Shakespeare sposò quando lui aveva solo diciotto anni e lei ventisei ed era incinta di tre mesi. È Agnes e il suo rapporto con Will (mai nominato), come il dolore per la perdita di un figlio abbia cambiato lei, abbia influenzato la scrittura di lui, abbia segnato una svolta nel loro amore, che sono il soggetto del romanzo.
Maggie O’Farrell non aveva molto materiale su cui lavorare. Di Hamnet si sa pochissimo, sembra probabile che sia morto di peste. Della vita privata di Shakespeare sappiamo che era nato a Stratford-on-Avon nel 1564, figlio di un guantaio che aveva avuto una carica ufficiale nella cittadina ma che poi si era riempito di debiti. Sappiamo che insegnava e non voleva continuare a fare il lavoro del padre. La tradizione vuole che Agnes lo abbia ‘incastrato’, che lui fosse andato a Londra per allontanarsi da un matrimonio infelice. La scrittrice ribalta tutto ciò. La sua Agnes è una giovane donna affascinante perché un poco selvaggia, che ha addomesticato un gheppio, che sa riconoscere le erbe e preparare pozioni curative, che ha delle premonizioni per il futuro. C’è passione tra Agnes e Will. I loro tre figli, Susanna e i gemelli Hamnet e Judith, erano i figli dell’amore. E c’è amore anche nel sostegno che Agnes dà al marito perché vada a Londra, per realizzare se stesso e per allontanarsi da un padre padrone che lo disprezza perché quel figlio che scribacchia gli sembra un fannullone.
La narrazione di Maggie O’Farrell segue un doppio binario di passato e presente - il presente che incomincia con la malattia di Judith e la morte di Hamnet, con il padre che si affretta a tornare da Londra interrompendo uno spettacolo, che si rallegra perché la bimba è guarita, che piomba nel dolore quando gli dicono che è morto invece il gemello, con la madre che si macera nel senso di colpa per non essere stata capace di salvare il figlio, e il passato che è illuminato dalla gloria dell’amore e della scoperta reciproca prima che sopravvenga l’irrequietezza di Will che si rintana in soffitta a scrivere.
Non abbondano i dialoghi nel romanzo, la scrittrice evita il pericolo di mettere parole stonate in bocca ai suoi personaggi, riesce piuttosto nel piccolo miracolo di evocare protagonisti e ambienti delle opere a noi note. In Agnes vediamo Ofelia che si aggira con fasci di fiori in mano, scorgiamo Caterina con le sue impennate bizzarre, nella specularità di Hamnet e Judith riconosciamo i gemelli Viola e Sebastian che si scambiano gli abiti, nel dolore del poeta sentiamo il grido straziato di re Lear, quel ‘no’ che rifiuta la morte dell’amata Cordelia, ed infine, nel “Ricordami” del fantasma del re Hamlet, leggiamo l’imperativo dolente di un bambino morto troppo presto.
Perché è lì che tende il romanzo, alla tragedia di cui Agnes fraintende il titolo, pensando sia uno sfregio al loro bambino e capisce poi che è, invece, un messaggio accorato. Per non dimenticare.
Maggie O’ Farrell ha vinto il Women’s Prize for Fiction 2020 con questo romanzo. Bellissimo.
Ed. Guanda, trad. S. De Franco, pagg. 275, Euro 19,00
Recensione a cura di Marilia Piccone
Febbraio 2021