IL MALE QUOTIDIANO, MASSIMO GARDELLA
L'orrore quotidiano fatto di incubi reali e ricordi terribili impossibili da cancellare
Quando, leggendo un thriller o un noir, la trama rivela qualche crimine molto cruento o qualche retroscena d’orrore, mi è di consolazione pensare- se l’autore è straniero, come è spesso il caso- che queste cose succedono altrove, che non potrebbero mai verificarsi dei delitti del genere in Italia.
“Il male quotidiano” di Massimo Gardella si svolge nei dintorni di Pavia; il pesce siluro di quasi tre metri dalla cui bocca affiora la manina di una bimba viene ripescato al Ponte della Becca, dove il Ticino si getta nel Po. Non è possibile illuderci che il Male sia altrove.
Appare un nuovo commissario sulla scena del romanzo italiano di indagine poliziesca- o ‘giallo’ che dir si voglia. Un commissario nuovo non solo perché questo è il primo libro in cui appare, ma anche perché è uno dei ‘nuovi’ italiani: il padre di Remo Jacobi è rumeno, sua madre è, o meglio era, italianissima, della pianura lombarda. Remo, però, conosce una sola parola di rumeno, tata, papà, con cui si rivolge al padre. Remo Jacobi è un uomo triste, di una tristezza che lo avvicina ai commissari dei romanzi gialli del nord Europa più che ai colleghi mediterranei, a Montalbano o a Kosta Charitos di Petros Markaris.
E verremo a sapere a poco a poco il perché della depressione che lo ha portato addirittura in una casa di cura, che lo spinge ad affossare i casi, convinto che ci sia ben poco da fare- il Male dilaga, permea ogni aspetto della vita quotidiana. E la bimba che, come si scopre, è stata fatta a pezzi prima di finire nel ventre del pesce siluro, ne è una prova. Ad aumentare l’orrore del fatto, c’è anche un tatuaggio sulla caviglia della piccola, e Remo, che è cresciuto con le favole dei paesi dell’Est dell’Europa, lo riconosce subito per quello che è: una casupola che appoggia su zampe di gallina- è la casa di Baba Yaga, la vecchia strega che tanto spaventava Remo da bambino.
La presenza del pesce siluro nelle acque del Po e del Ticino è già di per sé inquietante. Il pesce era stato introdotto nei corsi d’acqua italiana per ripopolare la fauna ittica per la pesca sportiva. Quando il pesce si era rivelato estremamente dannoso per l’habitat, era stato liberato nei fiumi, con conseguenze devastanti per lucci e anguille, nonché per gli uccelli che nidificavano nei canneti. Il comune di Rovigo, seguito poi da quello di Ferrara, aveva messo una taglia sul pesce siluro- fa pensare al Far West con pesci nei cartelli con la scritta ‘Wanted’.
E tuttavia c’è chi fa un sacco di soldi con il pesce siluro, allestendo piccoli centri turistici con casupole da affittare ai patiti della pesca. E poi ci sono i camion frigorifero che esportano il pesce nei paesi dell’Est dove la sua carne è un piatto prelibato. Quanto c’è di legale e quanto di illegale in tutto questo? Hanno il permesso di soggiorno gli albanesi, i rumeni, gli ungheresi, gli ucraini, i moldavi che lavorano sul fiume? E questo traffico ha anche qualcosa a che fare con il commercio umano di donne? O di bambine?
Remo si mette in contatto con una giornalista di Ferrara di cui ha letto un articolo e, tramite lei, riesce a parlare con uno degli organizzatori del commercio. E intanto viene a sapere qualcosa d’altro, di un gruppo di mercenari che si tatuano in una qualche parte del corpo la casupola di Baba Yaga, che avevano combattuto in Somalia nell’operazione del 1993 dal nome beffardo di “Restore Hope”.
“Il male quotidiano” non è un noir perfetto, ogni tanto appare qualche sfilacciatura nella trama, ma ha il pregio di svelare il male quotidiano ai lettori che sono probi cittadini senza immaginazione, alternando gli incubi dei fatti che stanno succedendo con quelli che macerano Remo in ricordi angoscianti e colpevoli.
Massimo Gardella, Il male quotidiano, Ed. Guanda, pagg. 290, Euro 17,50