WILLIAM NAVARRETE

Stradanove intervista il talentoso poeta, saggista e critico d’arte cubano

WILLIAM NAVARRETE

Avevo intenzione d’intervistare William Navarrete già da tempo per conoscere meglio il talentoso poeta, saggista e critico d’arte cubano.    Ho avuto così la graditissima e singolare opportunità di saggiare la forza del suo patriottismo, di condividere la nostalgia dei suoi ricordi e l’amarezza dell’esilio, di provare l’impressione di contribuire, molto modestamente, alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
   Le risposte in lingua cubana sono state tradotte in italiano da Gordiano Lupi, Editore de “Il Foglio”,  noto e prolifico scrittore, esperto di letteratura cubana,  a cui va il mio più sentito ringraziamento.

Simonetta De Bartolo

William Navarrete: poeta, saggista e critico d’arte cubano a Parigi. Da quando? Cos’è che apprezzi di più dell’Europa e, in particolare, di questa bellissima città? Di cosa, invece, hai nostalgia?    Ho cominciato a scrivere molto presto. Quando frequentavo la scuola, la mia materia preferita era Letteratura, una passione trasmessa da mia madre che aveva studiato Lettere.  A Cuba ho studiato Storia dell’Arte presso la Facoltà di Arti e Lettere dell’Università dell’Avana. In pratica la storia dell’arte universale mi è stata mostrata grazie alla proiezione di  diapositive che riguardavano opere molto note. Questo vuol dire che quando sono arrivato a Parigi ho potuto vedere molti edifici, tele, sculture e opere d’arte che conoscevo solo mediante immagini. Per questo Parigi mi è sembrata una città affascinante e un po’ di questa sensazione l’ho trasfusa in uno dei miei libri più recenti: La canopea del Louvre, dove mi ispiro a sei tra i miei quadri preferiti di questo Museo e invento una storia basata sull’argomento di ogni opera. Nostalgia… ne ho davvero poca. Non mi basterà tutta la vita per vedere centinaia di luoghi meravigliosi del nostro pianeta. La nostalgia non permette di pensare al futuro né di scoprire nuovi orizzonti. Io detesto la nostalgia. Tra l’altro mi sembra che spesso se ne faccia un uso grossolanamente commerciale.

La sofferenza spesso rafforza il carattere. Credi che l’allegria, la solarità, il calore del sentimento, la passione, tipicamente cubana, per la musica, ecc. riescano un po’ ad esorcizzarla?
   Credo che per certe persone sia un buon rimedio. Non ci dimentichiamo, però, che il tema dell’allegria del cubano è un luogo comune. Basta andare adesso a Cuba per vedere molti sguardi tristi. Riguardo alla musica, molte persone credono che sia parecchio allegra, ma se comprendessero lo spagnolo si renderebbero conto che i testi dei boleri, le canzoni della Nueva Trova e del feeling in generale, sono tristi. La sola musica allegra è la musica da ballo (quella che si chiama correntemente salsa), ma immagino che il can-can francese e la tarantella italiana siano ugualmente allegri. O no? Ci saranno anche persone che ballando la salsa dimenticano le frustrazioni quotidiane. Ma sappiamo bene che l’effetto dura soltanto il breve spazio di un ballo.


Penso che un uccello chiuso in gabbia soffra più di un altro che vi nasce. Questo esempio potrebbe aiutarci a comprendere meglio perché mentre molti si oppongono in diversi modi per tutta la vita alla dittatura, altri l’accettano come ineluttabile destino o, addirittura, la ritengono necessaria per la sicurezza del proprio esistere?    In ogni società e in ogni tempo esistono persone che si adeguano alla situazione. È certo che non tutti possiedono l’anima del martire e che non tutti sono disposti a sacrificare la loro sicurezza combattendo dall’interno uno Stato di polizia come quello cubano. Personalmente non credo di poter dare lezioni in questo senso perchè, come molti cubani, ho deciso di andarmene  da Cuba invece di cercare di cambiare le cose dall’interno.


Con Raúl Castro, l’America libera appare più vicina o resta un lontano miraggio? Hai nutrito delle speranze per una evoluzione di Cuba in senso democratico e, di conseguenza, per una giusta libertà di esprimersi nell’arte? Quanto, secondo te, l’Europa sta facendo perché ciò si possa realizzare?    Credo che fino a questo momento le misure adottate siano state superficiali. Cuba ha problemi gravi in quasi ogni settore e solo dei cambiamenti profondi possono aiutare il paese a imboccare la strada di un’evoluzione in senso positivo. Non ho visto cambiamenti significativi, ma pura cosmesi e improvvisazione. Credo che Cuba sia una nave alla deriva in mezzo a una tempesta.


La nostalgia e il dolore per  una patria lontana e oppressa, i ricordi d’infanzia, la tua squisita sensibilità affiorano prepotentemente, per es., in Edad de miedo al frio (edita da Advana Vieja di Cadice nel 2005 e tradotta in Italia da Il Foglio Letterario), che ha ricevuto dal Circolo di Cultura Panamericano di New York il prestigioso Premio Internazionale di poesia Eugenio Florít, così anche nell’antologia di poesie di diversi autori (Versi tra le sbarre – Il Foglio Letterario) da te curata lodevolmente. Quando e come hai scoperto la tua vena poetica e hai sentito l’urgenza di dare voce a questi sentimenti?    Ho sempre amato la poesia. Scrivo poesia fin da ragazzino. Mia madre mi ha trasmesso l’amore per le lettere. Edad de miedo al frío (Età di paura al freddo, nella versione italiana tradotta da Ilaria Gesi per Il Foglio Letterario) è un libro di versi quasi ingenui. Una sintesi di sentimenti che corrispondono alla mia vita nell’ottica di una persona che vuole allontanarsi dal paese natale e dalle conoscenze acquisite durante gli anni della sua formazione. Lumbres veladas del Sur, è una raccolta di poesie diversa. È la mia visione del mondo esterno dopo la crescita prodotta da molti anni di vita a Parigi.

I Romantici ritenevano la poesia espressione spontanea e immediata dell’anima. Cos’è per te, William, la poesia?    La poesia è un momento di riflessione intensa e di assoluta libertà per esprimere sentimenti. La poesia ha qualcosa di magico che non esiste nella prosa. La sua brevità e la sua elasticità (quando non deve sottostare alla rima) permettono di esprimere molti concetti in poco spazio, violare norme, sciogliere le briglie all’immaginazione di chi legge.


Quale fascino esercitano su di te la poesia, la musica e la pittura?    Tutte le arti mi affascinano. Ho studiato Storia dell’Arte proprio per questo motivo. Sia per il piacere estetico che per il gusto della conoscenza espresso in forma raffinata, in maniera sottile, secondo regole invisibili e non scritte, tipiche di ogni tempo. Tutte le manifestazioni artistiche aprono porte e finestre sul mondo e sulla sua complessità. Tuttavia, mi piace ogni tipo di pittura, ma non amo ogni genere di musica o di poesia.

Hai diretto la collana di musica cubana di Sonodisc a Parigi. Anche la musica ha, secondo il mio sentire, quasi come la poesia e la pittura, una vis immaginifica. Qual è, per te, quella che arriva più diretta all’animo?    La musica è stata importante nella mia vita, perché grazie a lei ho riscoperto Cuba quando sono arrivato a Parigi. Quando vivevo nel mio paese detestavo la musica cubana perché mi ricordava troppo una società dalla quale desideravo fuggire a ogni costo. Quando sono arrivato a Parigi, ho lavorato durante i miei anni da studente a La Sorbona – Parigi IV, nel dipartimento di musica folcloristica della FNAC. In quel dipartimento mi hanno incaricato di occuparmi del catalogo musicale latinoamericano. È stato così che ho scoperto la diversità e la ricchezza ineguagliabile della musica cubana e ho cominciato subito a scrivere la tesi del mio “master” dedicata a quel tema. Da questo studio è venuto fuori il mio primo libro, scritto e pubblicato in francese nel 2000: La chanson cubaine: 1902-1959 (textes et contexte).

Mi sembra che il ballo latino-americano e, in particolar modo, la musica cubana arricchiscano l’anima e facciano sognare, pur nelle difficoltà della vita, conferiscano dignità, esprimano volontà di libertà e di riscatto, orgoglio per le proprie radici, la propria cultura. Cosa ne pensi? La sensualità delle note, dei ritmi e dei movimenti è in sintonia con la bellezza paesaggistica dell’Isola, vero?    Il ballo che è diventato di gran moda in Europa, esisteva già prima del 1959. Tutte le canzoni della trova tradizionale  cubana (Sindo Garay, Miguel Matamoros, Corona, Villalón, María Teresa Vera…), i boleri (di Touzet, Quiñones, di Farré…), le guarachas, il mambo, la rumba, el cha-cha-cha…, tutto questo esisteva molto prima del 1959. Benny Moré, Celia Cruz, Olga Guillot, Celeste Mendoza, La Lupe, Compay Segundo… -tutti cantanti che sono diventati di moda in Europa - erano attivi prima del 1959 e molti hanno continuato a praticare la loro arte in esilio. In un certo senso a Cuba si interpretava un’allegria di vivere quasi romantica collegata a un paesaggio idealizzato e a un tipo di vita agiato e benestante. La musica rifletteva una capitale che era diventata la “Parigi dei Caraibi”, grazie a mille distrazioni, vita turistica e notturna intense, fatte di casinò, cabaret, bar, teatri e sale da ballo. Il periodo che va dal 1940 al 1960 si chiama “L’età d’oro della musica cubana”. Io direi che dovrebbe chiamarsi “L’età d’oro di Cuba in generale”, nonostante la disastrosa situazione politica degli anni Cinquanta.

Hai organizzato a Parigi diverse mostre di pittura cubana, William, trovi fondamentali affinità tra la poesia e la pittura?    Ho organizzato diverse mostre di pittura tra il 1995 e il 1998 a Parigi e in altri luoghi (nella Galeria Carrusel del Louvre, a Strasburgo, Ginevra...). Ma ben presto mi sono reso conto che era molto difficile lavorare con gli artisti e sopportare l’egocentrismo di parecchi di loro. Per questo motivo ho smesso di organizzare esposizioni (che facevo per puro altruismo). Oggi scrivo soltanto critica d’arte per periodici e riviste.


Qual è il segno di riconoscimento della pittura cubana? Quali artisti godono maggiormente della tua stima?    Le arti plastiche cubane sono molto diverse tra loro. Non esiste uno stile tipicamente cubano nell’ambito della pittura. Ci sono artisti cubani come Wifredo Lam che hanno raggiunto grande notorietà internazionale perché frequentavano i circoli delle avanguardie di moda a Parigi negli anni 1930-1950. Altri (come Ana Mendieta e Félix González Torres negli Stati Uniti degli anni Ottanta), si sono trovati nel posto giusto al momento giusto, in maniera tale che hanno potuto integrarsi (o essere integrati) alle correnti più innovatrici. C’è stata certamente un tipo di pittura di costume alla fine del secolo XIX che presentava un tema cubano. L’Accademia del secolo XX si è mantenuta fedele ai canoni europei e dipingeva scene tipiche della vita sull’isola. L’arrivo delle Avanguardie artistiche ha significato una costante ricerca di uno stile espressivo tipicamente cubano nelle arti plastiche. Forse chi ha ottenuto i migliori risultati, in questo senso, è stata Amelia Peláez. Lei è riuscita a conferire alla sua pittura qualcosa del proprio paese che va ben oltre la tematica dei sentimenti. Amelia Peláez è riuscita a catturare la luminosità in una maniera che definisce molto bene “il cubano” nella pittura. Altri, hanno seguito i movimenti plastici internazionali con un segno distintivo originale e qualità proprie: Antonia Eiriz, per esempio, ha ripreso l’espressionismo, offrendo un tipo di pittura che raffigura l’oppressione dell’individuo da parte di un sistema totalitario. Tomás Sánchez, anni dopo, si è dedicato a una sorta di neorealismo abbastanza interessante e dal tratto pulito che l’ha fatto diventare un artista di fama internazionale.

Il 12 febbraio 2010 sei stato ospite d’onore insieme a Gordiano Lupi, editore de “Il Foglio”, ma soprattutto famoso scrittore, critico letterario e abilissimo traduttore, a Castrovillari (CS) in occasione del tradizionale incontro con i cubani durante il carnevale. Soddisfatto dell’avvenimento?    È stato molto interessante assistere a una simile manifestazione nel profondo Sud della Calabria. Ho potuto apprezzare come in questa regione si conservano certe tradizioni e mi ha piacevolmente stupito l’ottima cucina locale. Una volta di più ho potuto toccare con mano che l’Italia è un paese dai mille volti.  Gli organizzatori del Carnevale, in particolare la professoressa Filomena Boise, hanno fatto un lavoro molto professionale. Una grande novità per me è stata la lettura di alcuni racconti per bambini che insieme a Gordiano Lupi abbiamo realizzato per gli alunni della scuola primaria. Molto interessante è stata anche la lettura tenuta al Protoconvento per gli alunni del liceo. Io leggevo testi in spagnolo e Lupi traduceva in italiano, oltre a parlare di Yoani Sánchez e della situazione storico - politica cubana.


In “Bucentauro” hai paragonato L’Avana a Venezia, due città in lotta contro l’azione distruttrice del tempo. Il carnevale veneziano gode di una gran fama internazionale per ambienti e ambientazioni, maschere, costumi e organizzazione dell’evento, sempre originali e nuovi, pur restando ancorate al folklore e alla tradizione. Quali sono le differenze sostanziali tra il carnevale cubano e il nostro?    Il Carnevale cubano era (non so se lo sia ancora) un carnevale con sfilate di carri e comparse, un’occasione per ballare senza sosta e divertirsi intensamente. A Cuba conoscevo diversi tipi di Carnevale. Quello dell’Avana (con le debite proporzioni) era stile Rio de Janeiro: sfilate e comparse erano l’essenziale. Il Carnevale di Santiago di Cuba era più democratico, per così dire, perché tutto il paese  ballava dietro alla conga (un corteo di musicisti che vagava lungo le strade suonando strumenti). Il Carnevale dei paesi di provincia era più discreto, ma in ogni strada c’erano orchestre, complessi musicali, roba da mangiare, bibite e balli. Il Carnevale cubano era meraviglioso, ma con il tempo e con i problemi cronici del sistema di governo a Cuba si sono perse quasi tutte le tradizioni e il Carnevale è soltanto un pallido ricordo del suo splendido passato.

Quando e come hai conosciuto Gordiano Lupi, la sua dichiarata ostilità a Fidel Castro  e il suo amore per Cuba?    Credo che Gordiano Lupi mi abbia contattato per e-mail in un periodo in cui era alla ricerca di un autore cubano che viveva in Francia. Lupi stava già lavorando da tempo su tematiche cubane. Dopo, abbiamo fatto alcuni libri e abbiamo lavorato insieme a diversi progetti.

Hai curato con notevole competenza e impegno “Versi tra le sbarre”, edito nel 2006 dal Foglio Letterario (www.ilfoglioletterario.it). La raccolta delle poesie dei poeti ancora tra le sbarre e di quelli che già c’erano stati a causa della spregevole dittatura di Fidel Castro è avvenuta prima o dopo l’idea  di darla alle stampe? Puoi dirci in che modo?    Un amico pittore (Ernesto Lozano), cubano ma residente in Messico, è stato a Cuba e ha ottenuto il manoscritto delle poesie di Regis Iglesias Ramírez, uno dei poeti incarcerati dal 2003. Mi ha contattato e subito dopo abbiamo potuto pubblicare in Spagna la raccolta di questo giovane poeta. Dopo, mi sono reso conto che tra i 75 prigionieri vittime della retata governativa c’erano diversi poeti. Uno molto noto come Raúl Rivero e altri completamente sconosciuti. È stato così che ho proposto a Gordiano di pubblicare un’antologia che contenesse 7 autori, scelti tra i prigionieri politici. Lupi l’ha fatto tradurre in italiano da Elisa Montanelli (non l’ho tradotto io!) e ha pubblicato il libro con Il Foglio Letterario, in versione bilingue.

Nuovi lavori letterari in cantiere? Speri in un imminente tuo ritorno sull’isola caraibica?  Il mio augurio affettuoso e quello di tutti gli uomini che amano la libertà!    Un romanzo che uscirà in Spagna nel 2011 e un libro di storia sulle famiglie che hanno fondato le città coloniali cubane della regione orientale dell’isola.
 

Biografia William Navarrete è nato a Cuba nel 1968, ma da vent’anni vive a Parigi, dedicandosi, con fervente passione e instancabile impegno di patriota, alla realizzazione di qualificati e incisivi contributi culturali miranti a favorire una transizione democratica a Cuba.
Oltre a svolgere una poliedrica, apprezzata e premiata, attività di saggista, ricercatore e critico d’arte: La chansonne cubaine (1902–1959);  Cuba: la musique en exil; Centenario de la República cubana, una serie di saggi storici sulla vita repubblicana a Cuba dal 1902 al 1959; Antologia di poesia Cubana Contemporanea a Parigi; Versi tra le sbarre, ed. Il Foglio, 2006, è poeta che attinge l’universale, pur restando legato ai ricordi e ai problemi della sua amata Cuba: Edad de miedo al frìo, poesie tradotte in italiano da Ilaria Gesi e pubblicata dalle Edizioni Il Foglio Letterario di Piombino, con il titolo Età di paura al freddo.  Nel 2008, Navarrete ha pubblicato in Spagna la sua raccolta di poesie ispirata al Marocco Lumbres veladas del Sur (Luci velate del Sud).  Ha realizzato anche un libro - omaggio dedicato al più grande scrittore cubano del secolo XX, José Lezama Lima (Aldabonazo en Trocadero 162 – Il portone di Trocadero 162) e ha pubblicato una raccolta di racconti ispirati alle opere maestre preferite tra quelle custodite nel Museo del Louvre (La canopea del Louvre). A giugno 2010, è stato insignito della Medaglia Vermeil assegnata dalla Società Accademica di Arti, Lettere e Scienze di Parigi.