TOM KNOX
Intervista all'autore de 'Il Segreto della Genesi'
Con il nome di Sean Thomas l’autore de “Il segreto della Genesi” è stato corrispondente all’estero per varie testate di giornali, The Times, The Guardian, The Daily Mail. Iniziamo subito a chiedergli perché abbia sentito la necessità di cambiare nome.
Perché ha scelto uno pseudonimo per scrivere questo romanzo? E perché scegliere quello che è già il nome di un uomo politico americano? Non poteva scegliere un altro nome?
Purtroppo mi sono accorto dopo, su Google, che è lo stesso nome di un politico americano. Ho scelto uno pseudonimo per non confondere i lettori: con il mio nome avevo già scritto dei romanzi di genere letterario- senza successo, peraltro. Mi sembrava che, per questo genere di narrativa, ci volesse un nome corto e dal suono mascolino. E poi la lettera K è nel mezzo dell’alfabeto e quindi proprio a metà dello scaffale in una libreria: colpisce subito l’occhio…
Non avevamo mai sentito parlare del sito archeologico di Gobekli Tepe. Come ne è venuto a conoscenza?
Stavo guardando la televisione, qualche anno fa, e sono capitato su un canale che trasmetteva un servizio da un sito archeologico nella Turchia curda. Facevano vedere un tempio di 12.000 anni fa. Incredibile. Dovevo assolutamente vedere quel posto. Prima ho fatto qualche ricerca su Internet e poi ho prenotato un volo per Sanliurfa, la città più vicina a Gobekli Tepe. E’ stato un viaggio lunghissimo, con scalo a Istanbul, ma ne è valsa la pena.
E come è avvenuto il processo- dalla scoperta che esiste questo luogo antichissimo all’idea di scriverci un romanzo?
Al mio ritorno dal viaggio, ne parlai con la mia agente, le raccontai di questo sito archeologico che era di settemila anni più vecchio delle piramidi o di Stonehenge e che poi era stato misteriosamente seppellito nell’8000 avanti Cristo. Lei mi ha detto subito, ‘Sarebbe un soggetto perfetto per un thriller!’. Ma io non avevo mai scritto un thriller, non ci pensai neppure, me ne dimenticai. Due anni dopo, però, mi trovavo senza soldi- veramente, non avevo neppure i soldi per il biglietto della metropolitana. Allora mi ricordai delle parole della mia agente, sono tornato da lei e le ho detto che ero pronto…E tuttavia devo confessare una cosa: ho iniziato a scriverlo perché avevo bisogno di soldi, poi è diventata un’ossessione e mi sono messo a scrivere con furia. L’ho scritto in due mesi, chiuso in un albergo a Bangkok.
Ma, quindi ha immediatamente collegato l’idea dei monoliti e dei morti assassinati? Non ha mai considerato la possibilità di scrivere un altro tipo di romanzo, e non un thriller archeologico?
No, mi ci è voluto del tempo per mettere insieme le varie cose, il sito, i monoliti, i sacrifici umani, gli yezidi…Il mio primo tentativo era una trama che aveva a che fare con il sovrannaturale, con una presenza immateriale e demoniaca. Poi ho pensato che c’era già una storia stupefacente e che non c’era bisogno del sovrannaturale. Non avrei reso giustizia a questa, aggiungendo dell’altro. Quindi ho letto del cayonu, il luogo dove si trovava la pietra dell’altare e dove si facevano sacrifici umani. E il luogo era stato sepolto chissà perché…
Ci sono due sette che hanno un ruolo importante nel romanzo. Gli yezidi , prima. Come ha scoperto gli yezidi?
Ne sono venuto a conoscenza facendo ricerche di materiale da aggiungere al romanzo: mi sono imbattuto nelle notizie su questa setta che viveva vicino a Gobekli Tepe. C’era una forte comunità di yezidi in Sanliurfa. Allora mi sono incuriosito e ho iniziato a fantasticare su di un legame tra gli yezidi e Gobekli Tepe.
E lo Hellfire Club? Mi interessa sempre molto sapere come tutti i frammenti di un romanzo sono stati combinati per formare l’insieme…
Dello Hellfire Club irlandese sapevo da tempo. Mi era nota la faccenda della chiesa bruciata nel secolo XVIII con la gente dentro. Era materiale fantastico: dovevo trovare un legame tra le due cose. Poi ho scoperto che gli yezidi credevano che un inglese fosse stato in visita da loro e avesse preso il Libro Nero: ecco il legame tra gli yezidi e lo Hellfire Club.
Da quello che ho letto, l’archeologo Klaus Schmidt è riflesso nel capo archeologo Breitner del romanzo. Ci sono altri personaggi reali dietro quelli del libro?
Il cattivo, Cloncurry: il cattivo sono io dopo aver bevuto sei pinte di birra, quando sono arrabbiato. E’ un ritratto ironico di me, ma è vero che il cattivo ha tratti del mio carattere.
E Luttrell?
Anche Luttrell ne ha, Luttrell è un misto di me e qualche mio amico. Ho molti amici giornalisti, conosco il mondo dei corrispondenti dall’estero…Una sera sono stato anche rapito dagli Hezbollah, una paura tremenda: l’episodio del rapimento è basato sulla mia esperienza.
Sono andata a guardare in Internet le fotografie del sito di Gobekli Tepe e ne sono rimasta affascinata. Quale dei reperti archeologici l’ha colpita maggiormente? L’insieme dei monoliti oppure la statua con gli occhi di ossidiana?
Entrambe le cose sono reliquie splendide, e poi basta pensare che risalgono alla fine dell’Era Glaciale e sono preservate perfettamente: l’impatto emotivo è immediato. Forse la statua con gli occhi di ossidiana colpisce di più: è la statua più antica che abbiamo, di misura così grande. E pensare che è tenuta nascosta dietro le scale, in un piccolo museo a Sanliurfa…
Secondo Lei, in che cosa sta il fascino che ci attrae verso i cerchi di monoliti? Nella loro antichità? Nel loro mistero? Nella voce che ci sforziamo di capire? Nel fatto che parlano di NOI?
Ci parlano di noi, ci raccontano di dove veniamo: Gobekli Tepe è il luogo da dove veniamo come specie, il luogo da dove ha avuto origine la civiltà. Non per niente il nome significa “Ombelico del mondo”.
Ecco, nel romanzo viene detto che Gobekli Tepe significa “Ombelico del mondo”: il nome stesso è dunque un accenno al fatto che la storia umana è iniziata laggiù?
Sì, l’Ombelico del Mondo ci dice perchè siamo come siamo, perchè c’è questa idea della colpevolezza nella nostra psicologia: è per quello che accadde. Accadde qualcosa di sbagliato: tutte le religioni hanno il senso di colpa, la paura di Dio. E’ interessante pensare al perché la statura degli uomini in Turchia e Grecia non sia alta come in passato. Ad un certo punto della Storia gli uomini da cacciatori sono diventati agricoltori. Quando erano cacciatori assumevano più proteine, facevano una vita più sana; passando all’agricoltura, hanno incominciato a prendere malattie dagli animali, sono diventati più piccoli. La loro altezza segnala il momento di quando sono passati dalla caccia all’agricoltura.
Perchè si sa così poco di Gobekli Tepe? Perché non è altrettanto noto quanto Stonehenge o i menhir in Francia?
Perchè il nome è difficile da pronunciare e ricordare…Scherzo, ma in parte è così. Poi, l’impatto, da un punto di vista visivo, non è così forte come per le Piramidi, non è neppure come Stonehenge, in alto su una collina, da diventare un simbolo, anche se da vicino ci sono queste sculture stupefacenti nella pietra che hanno 12000 anni. Un altro motivo è che si trova in un’area così remota e pericolosa, nel Kurdistan dove c’è in atto una rivoluzione. Infine gli archeologi sono schizofrenici riguardo al se pubblicizzare o meno Gobekli Tepe: sono orgogliosi di quello che hanno trovato, hanno fatto un bel lavoro ma, se diventa troppo famoso, arrivano i turisti e ci vorranno almeno altri trent’anni di lavoro per dissotterrare tutto. E tuttavia la gente del posto ha fretta, perché sono molto poveri e il turismo porterebbe soldi. Adesso non ci sono neppure strade…E’ un grosso conflitto…
Quando arriverà il turismo…come faranno a proteggere il sito? Perché immagino che si sia preservato intatto solo perché era sepolto nella sabbia, vero?
Proprio così, altrimenti non ci sarebbe nulla, in un clima poi di grandi escursioni termiche, che raggiunge i 45° di giorno…Adesso d’inverno coprono tutto, ma anche questo è un problema.