JOSÉ OVEJERO
Intervista all'autore spagnolo del giallo anomalo 'Non succede mai niente'
Non è propriamente un giallo, il libro di José Ovejero, anche se c’è, tuttavia, una tensione narrativa che tiene col fiato sospeso, come nei gialli. C’è anche un morto, c’è un mistero da risolvere, insomma. Dello scrittore spagnolo José Ovejero avevo già letto il romanzo “Nostalgia dell’eroe”, con una trama d’amore e di guerra. Mi fa piacere ora, dopo aver terminato “Non succede mai niente”, parlare con l’autore di questo nuovo romanzo, così diverso dall’altro.
La prima cosa che mi ha colpito del romanzo è il titolo, “Non succede mai niente”. Sono rimasta incerta se pensare ad un significato ironico; oppure se, pur avendo un significato ironico, si riferisca ad un atteggiamento superficiale verso la vita, dove sembra che non succeda niente e invece, basta fermarsi a pensare, succedono tante cose, perché ogni vita è speciale. Come ha pensato Lei al titolo del romanzo?
Il titolo si riferisce all’apparente banalità delle nostre vite, dove sembra che non succeda niente e invece, se facciamo attenzione, sotto questa apparente banalità accadono grandi e piccoli drammi, si preparano tragedie di cui spesso non siamo consapevoli, oppure ridicole commedie in cui vorremmo recitare una parte. Si potrebbero scrivere romanzi anche delle vite meno interessanti. I miei personaggi sono “gente normale” ma, se approfondiamo un poco, scopriamo che quello che chiamiamo normalità in realtà non esiste, che è solo una maschera dietro cui occhieggiano i mostri.
Succedono tante cose nel romanzo, ci sono parecchi livelli di lettura e c’è molto da dire su ogni personaggio: qual è il ‘nocciolo’ duro del romanzo? L’apparente buonismo di Nico? O la condizione degli immigrati? O entrambi, perché uno viene messo in rilievo dall’altro?
Sì, è un libro con vari livelli di lettura: si può leggere come un thriller, oppure come un romanzo psicologico, oppure come un affresco sociale. Direi che non c’è un tema principale e tutti i temi si incastrano nel romanzo come le tessere di un puzzle. Ogni tessera è necessaria per il disegno finale.
Gli immigrati- clandestini o con documenti in regola: in genere si discute sul numero degli immigrati, su come cambino il tessuto della nostra società, sulla delinquenza degli immigrati, sulla necessità della mano d’opera degli immigrati. Lei tocca anche un aspetto di cui non si ama parlare: il racket degli immigrati. E’, alla fin fine, un’altra forma di schiavismo?
Gli immigrati sono la mano d’opera a basso prezzo su cui si basa parte della nostra crescita economica; la rivoluzione industriale è stata possibile grazie a milioni di operai che furono impiegati dall’industria in condizioni brutali. Oggi questi operai hanno diritti sindacali, votano…non è più così facile sfruttarli. Per questo gli immigrati sono così utili: più o meno dappertutto non hanno diritto di voto- vuol dire che è politicamente irrilevante se siano o no soddisfatti. E, poiché molti sono in una situazione irregolare, li si può pagare una miseria e infrangere i loro diritti sociali senza che protestino. Il “racket” è soltanto un anello nella catena dello sfruttamento.
Ad un primo approccio Nico ci è simpatico, apprezziamo la sua tolleranza e quello che appare il suo senso di uguaglianza. Poi incominciamo ad insospettirci della sua volontà di mettersi sullo stesso livello di tutti- la collaboratrice domestica, lo studente. Sotto questa maschera, non è che Nico nasconde il tradizionale atteggiamento di chi ha maggior potere?
Sì, Nico è simpatico, vuole essere simpatico, però dietro questa simpatia nasconde un certo paternalismo. Crede di sapere quello di cui ha bisogno Claudio, crede di poter dire a Olivia come risolvere i suoi problemi…anche se in realtà sa ben poco su di loro. E nel suo desiderio di aiutare c’è anche una certa falsità, perché vuole qualcosa in cambio, anche se non lo dice. Nel caso di Olivia è chiaro che desidera una certa disponibilità sessuale e che quello che le offre non è un regalo, ma un baratto. In realtà la relazione tra Nico e Olivia potrebbe essere una metafora per quella tra il primo e il terzo mondo- offriamo loro aiuto e donazioni, ma nascondiamo che ci aspettiamo qualcosa in cambio: un trattamento di favore per le nostre imprese, appoggio politico ecc..
Le chat di Nico hanno un duplice scopo? Offrire la sua debolezza ad una delle cose che succedono alla fine e introdurci alle sue avances di uomo che si sente solo verso Olivia?
Sì, servono per entrambe le cose, ma anche per mostrarci i suoi dubbi, i suoi rimorsi di coscienza…che non gli impediscono di tornare ancora ai suoi desideri inconfessabili, anche se in fondo sono molto banali. Se racchiudono un potenziale tragico è perché non si addicono all’immagine che Nico ha di se stesso, o a quella che vuole che gli altri abbiano di lui, e allora le trasforma in un segreto, e i segreti sono sempre stati una fonte meravigliosa per i romanzi.
Adesso ho una serie di perché, anche se lo scrittore-creatore può fare quello che vuole, anche senza un perché esplicativo: perché fa di Carmela un personaggio così antipatico?
Be’, tanto per cominciare, sa benissimo che la simpatia o l’antipatia per una persona è qualcosa di tremendamente soggettivo. Persone che a me paiono insopportabili sono apprezzate da altri. E devo confessarle che a me piace Carmela; è possibile che sia un poco fredda e incurante dei sentimenti altrui, però c’è un suo tratto che mi piace molto: si sforza di dire la verità, di esprimere i suoi desideri indipendentemente dal fatto che possano far piacere agli altri o no; mette ben in chiaro con Nico quali siano le sue condizioni, non si lascia ricattare emotivamente dal padre alcolista…Non si nasconde dietro una maschera, come fa Nico, per farci piacere. E questo mi pare si debba apprezzare in una persona.
Perché introdurre la figura dello studente? Per completare il quadro di Nico? Per offrire l’immagine di un ‘emigrante’ ben diverso?
Claudio, lo studente, è un personaggio imprevisto; doveva avere un ruolo secondario, ma ho iniziato a divertirmi scrivendo di lui e ho finito per rendermi conto che poteva essere una chiave nel romanzo con la sua ossessione per svelare l’ipocrisia di chi gli sta intorno, e con la sua ansia di svelare quello che è nascosto sarà il motore della tragedia di Nico. Curiosamente non è molto diverso da Carmela: lei si impegna sempre a dire la verità su se stessa e Claudio a scoprire la verità di chi vuole nascondere questa verità: i professori, suo padre, Nico…Tutti mentono- pensa lui- e vogliono farmi diventare come loro. Perciò Claudio dichiara guerra al mondo intero, perché vogliono fare di lui una persona ‘normale’, cioè, un ipocrita.
Perché è Nico il più severamente punito, alla fine? Dopotutto non è l’unico colpevole…
Ma…questo non è un romanzo con una morale in cui i cattivi sono castigati e i buoni premiati. La vita non funziona con questa logica angelica. Però c’è una logica nel suo castigo. Claudio sente che Nico, un professore liberale, costruttivo, tollerante, è più pericoloso di un conservatore autoritario, perché il primo è più ingannatore, ma le sue finalità sono uguali a quelle del secondo: far sì che Claudio rispetti le regole, che si adatti, che si integri. E Claudio decide di vendicarsi, non senza un certo umorismo anche se con grande crudeltà, perché distrugge quello che Nico ha costruito con tanta cura: la sua immagine.