CATERINA FANTONI
Un romanzo d’esordio che parla di terremoto. Un terremoto che fa crollare case e capannoni ma che non intacca la voglia di rialzarsi. Stradanove incontra l’autrice del "Giorno dopo", una storia di gratitudine e speranza
Per metà modenese e per metà bolzanina (è nata a Vipiteno nel 1978), Caterina è da sempre nomade tra Alpi e pianura. Una laurea in Lettere Moderne a Bologna con una tesi su Alfred Döblin, a cui è seguito un dottorato di ricerca in Lingue e Culture comparate e un lavoro come insegnante di italiano come seconda lingua nella scuola primaria, Caterina si interessa di traduzione letteraria dal tedesco, con particolare riferimento alla letteratura per l’infanzia. Però il suo esordio letterario non ha nulla a che vedere con fiabe per bambini e romanzi di formazione.
Nel “Giorno dopo” racconta la storia di una rinascita faticosa ma voluta, sudata, sofferta, ci mostra che anche davanti a grandi drammi, a sconvolgimenti che possono far affievolire la fiammella della speranza, si può e si deve ripartire. Anche se questi sconvolgimenti sono ingiusti e imprevedibili come il terremoto che ha ferito la bassa modenese tra maggio e giugno del 2012.
È una storia che nasce da un incontro speciale. È una storia che fa emergere la parte migliore dell’uomo.
Come/dove nasce Il giorno dopo?
Il vero protagonista di questa storia è Patrizio Tralli, l'imprenditore che dal nulla ha messo in piedi la ODS a Mirandola. Durante e dopo il sisma ha dovuto affrontare mille difficoltà, in pratica ha dovuto ripartire da zero perché la sua azienda era letteralmente crollata. In tutto quel periodo i suoi dipendenti non lo mai hanno abbandonato e con una determinazione incredibile hanno voluto andare avanti. Tralli desiderava con tutto il cuore raccontare il coraggio dei suoi collaboratori ma non voleva che il risultato fosse una specie di pubblicità per la ODS. L'editore di Artestampa mi ha quindi messa in contatto con l'imprenditore.
Come hai lavorato con quelli che sono poi diventati i tuoi protagonisti su carta?
Ho incontrato e intervistato più volte il signor Tralli, sono andata a visitare con lui gli edifici ancora pericolanti e i piazzali rimasti vuoti dopo le demolizioni. Mi ha fatto capire che aveva bisogno di sfogare in qualche modo quella riconoscenza e quell'ammirazione per i suoi collaboratori, che un signore tutto d'un pezzo come lui per pudore non era ancora riuscito ad esprimere. Avrei voluto intervistare anche gli altri protagonisti ma Tralli non voleva coinvolgerli, semplicemente perché voleva fare loro una sorpresa e racchiudere in un libro tutta la sua gratitudine.
Quanta libertà ti sei presa nella costruzione dei personaggi che racconti?
Eventi, nomi, date e circostanze sono reali e si basano su tutto il materiale fornito dal signor Tralli, la ricostruzione dei fatti però ha naturalmente subito il filtro della mia narrazione. Per immedesimarmi il più possibile, oltre a rivivere le mie stesse sensazioni di quegli strani giorni del terremoto, ho rivisto tutti i filmati e reportage dell'epoca e ho letto tutti i post e i blog che ho trovato a riguardo.
Cosa significa per Luisa, per Patrizio, per tutti i tuoi personaggi “ripartire”?
Credo che per Luisa "ripartire" sia uno stimolo per rimettersi in gioco, per vedere se stessa da angolazioni differenti. Per Patrizio, invece, credo che "ripartire", per quanto difficile, sia un dovere e l'unica alternativa possibile: non è un tipo arrendevole.
Conoscevi i territori più colpiti dal sisma? Cosa hai trovato – o ritrovato – visitando quei luoghi feriti da scosse e dolore?
Da quando sono sposata frequento quelle zone almeno un paio di volte l'anno. Quando sono tornata la prima volta in quei posti, a circa sei mesi dal terremoto, ho trovato aree ancora transennate, negozi vuoti, edifici puntellati, pezzi di pavimento rimasti sugli spiazzi che erano stati case. Nella zona industriale di Mirandola, a un anno dal terremoto, la tristezza di troppi capannoni chiusi e attività dismesse. Quello che tuttora mi lascia un forte senso di desolazione è la trasfigurazione delle vie di certi paesi come Cavezzo o San Felice, manca qualcosa...
C’è una storia, un personaggio o un aneddoto che non hai messo nel libro ma che ti è rimasto dentro?
Sì, c'è un personaggio che avevo immaginato nelle fasi iniziali di progettazione che, come Luisa, poteva essere un espediente narrativo, ma non si intrecciava bene con il resto e la cornice narrativa sarebbe diventata troppo ampia, rischiando di prevalere sui fatti.
Dolore, paura, afflizione, ma anche speranza, forza di volontà, solidarietà. Quali sono i sentimenti e le emozioni più inaspettate che hai trovato tra i terremotati della bassa modenese?
Direi che, in generale, la reazione che mi ha più stupita è la dignitosa e quasi immediata accettazione di quella nuova realtà.
L'immagine del terremoto che non dimenticherai mai?
A Modena, in periferia, dopo il terremoto ricordo questa signora anziana che aveva probabilmente timore di stare in casa e si era stabilita nel parco sotto casa. Stava seduta lì tutto il giorno, su una sedia da campeggio, all'ombra. La sera non so dove dormisse. L'ho vista leggere, mangiare, conversare con altre persone sempre lì, per tanti giorni.
E il momento più bello, più ricco di speranza e vita?
In quei giorni sembrava normale, a ripensarci adesso rabbrividisco: una cara amica e una vicina di casa in quei giorni hanno partorito le loro bimbe.
Caterina Fantoni, Il giorno dopo - Una storia di gratitudine, Edizioni Artestampa, pagg. 190, euro 15