Stradanove intervista Mary Franzese
Startupper e unica finalista italiana dell'EU Prize for Women Innovators 2017, Mary Franzese si racconta a Stradanove: “Modena la mia Silicon Valley. Sogno di diventare un punto di riferimento per le giovani donne”.
Si definisce “la ragazza con la valigia” perché, come ammette lei stessa, “Viaggiare per me è uno strumento di crescita personale e culturale, una passione che ho ereditato da mio padre”, è napoletana di origine ma vive ormai da alcuni anni a Modena, dove dal 2013 è co-founder di un'innovativa startup bio-medicale, la Neuron Guard.
Trentun anni appena compiuti, una Laurea in Economia e una strada che sembrava già segnata dal destino, quella di Mary Franzese, le cui sorti erano già scritte nel suo DNA: “Quando mi sono iscritta all'Università l'intenzione mia era quella di fare la consulente aziendale anche se dentro di me c'è sempre stata la ferma volontà di fare impresa, seguendo un po' le orme della mia famiglia. Mio nonno infatti era un venditore ambulante e anche mio padre lo era prima di aprire un ingrosso di biancheria per la casa. Durante il periodo estivo, invece di andare a mare come facevano tutte le mie amiche, mi piaceva trascorrere il tempo da lui”.
La svolta arriva durante il Master in Imprenditorialità e Strategia Aziendale all'Università Luigi Bocconi di Milano, quando a seguito di alcuni colloqui di selezione, entra in contatto con Enrico Giuliani, medico anestesista del Policlinico di Modena e ideatore nel 2012 di un rivoluzionario dispositivo refrigerante che, in caso di patologie gravi come ictus, trauma cranico e arresto cardiaco, è in grado di prevenire danni irreversibili al cervello: “Il dispositivo si compone principalmente di due parti: un collare e un'unità di controllo esterno che ne determina l'accensione e che permette il corretto funzionamento dello stesso collare. Quest'ultimo, tramite dei sensori posizionati all'interno del dispositivo, gestisce la temperatura del cervello riducendola, almeno nelle prime 48-72 ore, al di sotto dei 37°C, per bloccare così di fatto la morte dei neuroni. Il collegamento tra le due parti è necessario in quanto altrimenti il dispositivo non sarebbe in grado di funzionare e dunque sarebbe impossibile fare raccolta dati”.
L'obiettivo è dare vita ad un progetto ambizioso: ”In questo momento stiamo aspettando l'ultimo prototipo del dispositivo per iniziare i primi test su volontari sani così da poterci accertare dell'effettiva bontà del dispositivo, ma in futuro ci piacerebbe che venisse posizionato in tutte le stazioni pubbliche, come gli impianti sportivi per esempio, e poter essere gestito e fatto funzionare anche da un personale laico”.
Un incontro fortunato quello con il Dott. Enrico Giuliani grazie al quale la vita di Mary Franzese, da quel momento, cambia per sempre. Ma se la fortuna, come recita un famoso detto popolare, sorride agli audaci, per convertire un'idea progettuale in impresa può non bastare: “Mi ritengo molto fortunata ad avere incontrato Enrico. Anche se la nostra è stata una fortuna reciproca in realtà. Io non credo solo nell'importanza di incontrare le persone giuste, credo che sia importante anche unire più competenze, quella medica e manageriale nel nostro caso, per poter dare vita poi ad un'idea progettuale. Il successo di un'Azienda sta anche nella capacità di saper unire tutti i tasselli necessari per poter portare un'idea a compimento e quindi poi direttamente sul mercato”.
Idee chiare, obiettivi certi e persone che sappiano raggiungerli, la base da cui partire: “La prima cosa per creare un progetto imprenditoriale è fare un'analisi di mercato, poi una volta che si è verificata la validità sul mercato del prodotto o servizio che si vuole vendere, il secondo step è l'analisi competitiva, per vedere cioè, a parte il mercato, se c'è anche una clientela che possa accertare che il prodotto che stai costruendo è oppure no soddisfacente. Una volta fatto tutto ciò, si devono cercare le persone che devono comporre l'azienda. Perché come dico sempre, un'impresa è fatta non solo di idee ma anche di persone le quali hanno il compito di creare le condizioni necessarie affinché l'idea di partenza si trasformi in un progetto vincente”.
Una volta trovate le risorse umane poi servono anche quelle finanziarie: “Noi naturalmente siamo stati i primi a credere in questo progetto ma anche la Regione ha creduto in noi. Avendo sede a Modena infatti, abbiamo avuto accesso ad un finanziamento pubblico a fondo perduto previsto per le startup innovative che ci ha permesso di avviare tutta la parte di ricerca preliminare in laboratorio” afferma Mary,che sottolinea l'importanza strategica di Modena e del vicino distretto biomedicale di Mirandola, nel processo di evoluzione di Neuron Guard: “È la nostra Silicon Valley. È la città in cui è cominciato tutto e dove tutto si sta evolvendo. Modena è stata importante per noi anche da un punto di vista progettuale dal momento che la prima persona che ha creduto in noi, in una fase ancora meramente ideale del progetto, è stato un imprenditore di Vignola che ci ha messo a disposizione una struttura dove poter trasformare l'idea di Enrico in un primo prototipo”.
Per dare un seguito concreto alle proprie idee però ci vuole soprattutto coraggio. Ma non solo: “Il coraggio è un elemento fondamentale, poi ci sono la passione e la determinazione. Il coraggio perché devi essere pronto a rischiare, devi essere pronto ad affrontare tutti gli ostacoli che il sistema ti impone, devi essere disposto a cambiare la tua vita se vuoi fare impresa. Serve il coraggio di saper affrontare le difficoltà, di riconoscere i propri limiti e avere la volontà di superarli, con umiltà. Purtroppo però l'umiltà non è un valore molto comune...soprattutto in Italia”.
Fare impresa, specialmente per una donna in Italia tuttavia, rimane ancora una corsa ad ostacoli, tra resistenze, difficoltà quotidiane e stereotipi di genere. Neanche il mondo della ricerca scientifica sembra fare eccezione a questa tendenza negativa: “Se sei donna e sei giovane e hai una competenza economica, secondo molti non puoi avere anche competenze e conoscenze di carattere scientifico o biomedicale. Spesso noi donne facciamo fatica a fare sentire la nostra voce perché veniamo viste come quelle che fanno solo chiacchiere. Ogni volta che partecipo a degli eventi per startup difficilmente riesco a trovare un equilibrio numerico tra i progetti presentati da uomini e quelli presentati da donne”.
Discrepanza – o “gender gap” come amano definirlo gli studiosi di settore - che Mary confida di non aver rilevato invece all'estero: “Nel 2010 ho trascorso un anno in Finlandia come studente ERASMUS e – a differenza di quanto accade nel nostro paese – ho percepito una certa equità tra uomini e donne sia all'interno dei contesti scolastici che di quelli lavorativi”.
Ma invertire rotta è davvero possibile? “Sì, si può invertire rotta e secondo me sta già avvenendo, anche se al Sud il numero di startup femminili, o comunque di donne che fanno impresa, è ancora molto basso” ammette con un punta di amarezza nella voce. “Io però ci credo perché le condizioni ci sono, bisogna solo saperle afferrare. Le opportunità bisogna cercarsele ma bisogna anche sapere coglierle al volo”.
Unica finalista italiana (non succedeva dal 2011) in gara quest'anno per l'EU Prize for Women Innovators 2017, il Concorso dell'Unione Europea che mira a premiare le giovani imprenditrici, fondatrici o co-fondatrici di una startup innovativa, Mary Franzese vanta un curriculum ricchissimo, impreziosito da numerosi riconoscimenti ottenuti negli anni sia in Italia che all'Estero, dove ha accumulato anche frequenti esperienze formative: “Oltre che a studiare in Finlandia, ho frequentato una Winter School in Argentina e una Summer School a Shanghai” ci racconta Mary, che boccia l'etichetta “cervello in fuga” spesso appiccicata addosso, in modo quasi rancoroso, a chi decide di lasciare il nostro paese per motivi di studio o di lavoro: “Secondo la maggioranza degli italiani provare a fare un'esperienza all'estero significa portare il cervello altrove. Io invece penso che sia un modo per arricchirsi umanamente e professionalmente, perché ti confronti con diverse culture. Ampli il tuo bagaglio di conoscenze ed esperienze ma poi attraverso il viaggio scopri innanzitutto un po' di più te stesso. Io amo viaggiare, lo faccio già per lavoro ma non mi fermerei mai”.
Inserita dalla rivista scientifica Wired tra le “50 persone più influenti da tenere d'occhio nel 2017”, Mary però non si accontenta e mira sempre più in alto: “Dal punto di vista personale quello che desidero per me stessa è diventare un punto di riferimento per le giovani donne, anche se la strada da fare è ancora lunga. Da un punto di vista aziendale invece, quello che ancora manca è la verifica dell'efficacia clinica del nostro dispositivo. Quella beh..quella è sicuramente la sfida più grande ma quando ciò succederà mi sentirò una persona che potrà ritenersi un punto di riferimento per i professionisti del ramo imprenditoriale medicale”.
E noi di Stradanove glielo auguriamo di cuore. In bocca al lupo, Mary!
Cristina Capruzzi
27 marzo 2017