LELLA COSTA
Stradanove incontra la protagonista (e autrice) del recital 'Ragazze nelle lande scoperchiate del fuori'
Trae spunto dalla parafrasi calviniana del mito di Orfeo ed Euridice, "Ragazze nelle lande scoperchiate del fuori", il nuovo recital di Lella Costa, scritto al fianco di Massimo Cirri e Giorgio Gallione. Abbiamo incontrato l'autrice a Modena, al Teatro Michelangelo, dove lo spettacolo è in scena dal 14 al 16 dicembre 2010.
Il monologo che porti in scena si rifà a una moderna rilettura del mito orfico: perché Calvino? Per quale ragione Euridice? Perché quello di Orfeo ed Euridice è uno dei miti più ricordati e, assieme, una mirabile metafora delle difficoltà tra i due sessi a comprendersi e procedere parimenti. Calvino ci offre una tra le interpretazioni più recenti dell'opera originaria, preceduta e affiancata dalle illustri riletture di autori come Ovidio e Virgilio o Rainer Rilke e John Ashbery. Calvino, come sempre, è folgorante. Istrionico, cosmicomico, prende il mito e lo rilancia: se la letteratura ottocentesca si concentra unicamente sul personaggio di Orfeo e quella del 900 comincia ad interessarsi di Euridice, Calvino riscrive l'intera storia dal punto di vista di Ade, dio degli Inferi, che dall'oltretomba contempla l'arrivo della ninfa, assistendo infine alla sua dipartita. Lei, alacre, vivida, inarrestabile, è raffigurata come la vera esploratrice: Euridice è la creatura che non si accontenta di quello che ha, l'immagine di chi è alla continua ricerca d'altro. È un punto di vista irresistibile, il suo. E quelle “lande scoperchiate del fuori” sono un po' la metafora dell'incedere delle donne nel mondo.
Euridice-donna libera, intraprendente, scopritrice: che va cercando?
Credo siano legittime tutte le interpretazioni. Ad Euridice sono state attribuite montagne di pensieri postumi: la stessa chiave femminista è, di per sé, un assurdo, trattandosi di una corrente di pensiero molto recente, ben lontana dagli albori della mitologia, che dell'umanità rappresenta l'ombelico. Tuttavia, penso che Euridice racchiuda in sé alcune fra le molteplici sfaccettature del cosmo femminile: la devozione, l'amore, la mitezza. Indagarne la figura, attualizzandola, è utile per scovare spunti, scrutare le donne di oggi ed il loro rapporto con gli uomini, ritrovare pezzi di questa contemporaneità a pezzi.
Divorzio, aborto e contraccezione hanno sobillato le grandi battaglie femminili del passato: quali sono, per le donne contemporanee, i terrapieni più robusti da espugnare?
Su tutti, il diritto al lavoro: l'autonomia economica irrobustisce quella psicologica e affettiva, dando alle donne la possibilità di scelta e rendendole più responsabili, più creative. Per porci alla pari, oggi, esistono ancora troppe disparità, un eccesso di discrepanze: è straordinariamente autolesionistico il fatto che il mondo non colga la preziosità dei talenti delle donne nella vita, per la vita.
Doris Lessing, alla cui parola sull'origine dell'universo femminile ti rifai nel corso del monologo, ha inaspettatamente preso le distanze dalle correnti femministe degli anni '60, bollandone il pensiero come qualcosa di troppo sbrigativo e aggiungendo, rispetto alle nuove generazioni, che il merito del loro progresso “non è nell'ideologia, ma nella tecnologia, dai contraccettivi alle lavastoviglie”. Cosa ne pensi? Nel tuo caso: bellica o idraulica?
Credo che Doris Lessing abbia firmato pagine memorabili, ma il mio pensiero non coincide necessariamente col suo: nel femminismo è nata, sin da subito, una corrente di riflessione che dalle conquiste tecniche ha preso le distanze per cercare altrove i propri strumenti di indagine sociale. L'opportunità vera, per le femministe di allora, è stata quella di muoversi in un'epoca indagabile: difficile modificare la realtà, ma ancora possibile adocchiarla da un cuneo alternativo. Per le Ragazze attuali è tutto molto più complesso, pertanto sono solidale: amerei saperle sgravate del peso di questa (preziosa) eredità, così che il loro possa essere un nuovo passo. Anch'io, che pure alla formazione femminista devo tanto, ho imparato a distillarne solo il meglio, forte delle esperienze di amiche sfinite dalla completa messa in discussione di loro stesse. Quanta dignità, e che bella combinazione, Ragazze, nell'essere noi.
Fra le
Essere Baccanti prevede aderire a un gruppo, fare parte di una collettività: spero sempre che le donne possano percepirlo come un valore. Certo, le Baccanti sono temibili giustiziere: c'è da prenderle unicamente in senso metaforico. Forse oggi siamo tutte più Euridici: mai come in questo momento storico l'andare per il mondo è stato incerto, poco protetto, sprovvisto di tracciati. Giocoforza, tremila anni di subalternità femminile hanno dato il via a schiere di Euridici erranti che – ahinoi – esplorando, hanno fatto spesso una brutta fine.
Nel tuo spettacolo si parla anche di scienza: recenti studi attestano il cromosoma Y, portatore dei geni sessuali maschili, in veloce degrado, per un eccesso di rapidità evolutiva rispetto al ritmo degli altri cromosomi. Gli uomini: da sesso forte a sesso
In estinzione: Steve Jones, noto genetista maschio, ha rilevato che il cromosoma Y si sta disgregando. Viceversa, il cromosoma X, quello femminile, quando si guasta, è capace di ripararsi da sé. Sensazionale. Mi pare che una revisione del concetto di genere forte e genere debole sia, ad oggi, più che mai doverosa.
In un passo de “L'Altra Euridice” di Calvino, Ade si rivolge agli “uomini del fuori” e commenta: “com'è sbagliata la vostra via, la vostra vita, dove lavoro e godimento sono in contrasto, dove la musica ed il rumore sono divisi”. Lungimiranza autorale o è forse l'uomo moderno che, come Orfeo, anziché avanzare, tende a voltarsi rovinosamente indietro? L'interpretazione di Calvino è sempre molto arbitraria: tuttavia penso che quella sua intuitiva “colla acustica senza la quale non sapete se siete vivi o morti” sia una pittura nitidissima del presente, ritratto come un luogo in cui il persistere di un rumore di fondo impedisce di distinguere le voci. E' l'immagine di un'infermità pericolosamente antica, dove a farla da padrone è l'inconsapevolezza di un genere umano non più fautore delle proprie scelte, in questo pianeta che ci par nostro, ma che ci è solo stato dato in affido.