YERULDELGGER di Ian Manook

"Dal romanzo di Manook balza fuori l’immagine di un paese che non ha ancora raggiunto la metà della strada verso un vivere civile o uno stato di diritto[...]Il thriller da leggere questa estate" (M. Piccone)

YERULDELGGER di Ian Manook

Ulan Bator. Mongolia. Gengis Khan. Il deserto del Gobi. Le Flaming Cliffs con gli scheletri dei dinosauri. Steppe sconfinate. Yurte - le tipiche abitazioni di un popolo nomade costruite con materiale adatto per proteggere dai 40° sopra lo zero estivi ai  -40° invernali. È tutto questo che ci viene in mente mentre ci accingiamo a leggere il noir “Yeruldelgger” dello scrittore e giornalista francese Ian Manook (pseudonimo di Patrick Manoukian). Le nostre aspettative sono alte, perché l’ambientazione è insolita, perché proprio ci mancava un ispettore mongolo. Non saremo delusi.

Cinque morti subito, all’inizio. Tre cinesi e due prostitute - i corpi non vengono ritrovati nello stesso posto, ma che gli omicidi siano collegati è inequivocabile - diciamo che alcune parti del corpo dei cinesi vengono ritrovate nella bocca delle donne. Il fatto che gli uomini fossero cinesi complica le cose - breve flash sulla storia: fino alla disgregazione dell’Unione Sovietica, la Mongolia ne faceva parte, poi è sopraggiunta l’indipendenza, ma la Cina e la Corea hanno mire sul paese - ambiscono ai minerali preziosi della zona delle Flaming Cliffs. Non è tutto qui. Dal terreno sabbioso della steppa, lontano da Ulan Bator, affiora il pedale di un triciclo rosa. Sotto il pedale una manina. È il corpo di una bimba, la morte non deve essere recente. Dettaglio orrendo: la piccola era ancora viva quando è stata seppellita con il suo triciclo. C’è chi ha visto e che racconta di una coppia di stranieri con una bambina bionda, viaggiavano su un furgoncino. Dove sono finiti i genitori della bambina? Perché nessuno ha mai denunciato la scomparsa di queste persone? Un vecchio nomade affida l’anima della piccola a Yeruldelgger, perché le venga data giusta sepoltura, perché riposi in pace. Non avrebbe potuto trovare qualcuno di più adeguato, non solo perché Yeruldelgger è rispettoso delle tradizioni mongole (sapremo poi che è stato per un certo periodo in un monastero), ma perché ha perso una figlia dell’età della bimba bionda. Era stata rapita per fargli pressione, perché abbandonasse un’indagine sulla distribuzione delle terre, Yeruldelgger aveva tenuto duro e la piccola era stata uccisa. La moglie era impazzita e Saraa, la figlia maggiore, si era messa su una brutta strada. Adesso Saraa fornisce l’alibi ad un delinquente sospettato per il caso dei cinesi, sostenendo che era a letto con lui. Sennonché qualcuno cerca di ucciderla, facendole fare una fine orribile, arrostita sui tubi della rete fognaria di Ulan Bator.

Siamo solo all’inizio del romanzo, ricchissimo di personaggi, di vicende, di squarci di vita cittadina e di un’altra vita ‘antica’ sulle steppe, di scene violente, di inseguimenti e di fughe, di feriti e di morti ammazzati (anche in modo selvaggio e inusuale). Dal romanzo di Manook balza fuori l’immagine di un paese che non ha ancora raggiunto la metà della strada verso un vivere civile o uno stato di diritto. La corruzione è a livelli altissimi (anche nelle forze di polizia, purtroppo), la giustizia non viene somministrata dall’alto e allora ci si fa giustizia - o, meglio, vendetta - da sé, un popolo di disperati vive nelle fogne tra ratti e scarafaggi mentre c’è chi si diverte in gare nella steppa a cavallo di quad, versione moderna di mostri mitologici, la vodka scorre a fiumi annebbiando le menti e riducendo gli uomini a bruti, capaci di violentare vecchie e bambine e ragazze (e non importa se ne muoiono). C’è molta violenza nel romanzo di Ian Manook. Anche Yeruldelgger è violento. Non può non esserlo. D’altra parte - come osserva un personaggio - i mongoli sono conosciuti per essere violenti. Tutti hanno sentito parlare dell’efferatezza di Gengis Khan. E tuttavia il nero non è l’unico colore di “Yeruldelgger”. C’è il rosa di una storia d’amore, ci sono il rosso infuocato delle Flaming Cliffs e l’ocra della steppa. L’odio, l’avidità e la seta di vendetta non sono gli unici sentimenti - c’è l’affetto struggente di un padre, la pietà, il rispetto per le antiche radici. Non c’è solo Yeruldelgger come unico personaggio memorabile - tra i molti altri spicca il suo doppio in piccolo, Gantulga, lo scugnizzo delle fogne, audace, generoso, furbo e intelligente, con l’occhio lesto e riflessi pronti di chi è cresciuto in strada. E poi, per i gourmet, ci sono i piatti della cucina mongola. Dimenticate quelli che la brava Adelina cuoce per Montalbano e preparatevi a gustare le marmotte sventrate e cotte con sassi bollenti cuciti dentro la pancia: è il famoso bodoog, una vera leccornia.

Il thriller da leggere questa estate.

Ian Manook, “Yeruldelgger”

Ed. Fazi, trad. Maurizio Ferrara, pagg 522, Euro 16,50

Recensione a cura di Marilia Piccone

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