UNA DOLCE CAREZZA di William Boyd

Una donna fuori dal comune. Una macchina fotografica. La guerra che sfiora la vita e la cambia per sempre. La storia (vera?) di Amory Clay.

UNA DOLCE CAREZZA di William Boyd

Idea brillante, quella di William Boyd di guardare il secolo scorso con il terzo occhio della macchina fotografica. E altra idea brillante, quella di aver messo la macchina fotografica in mano ad una donna non convenzionale - i suoi scatti rispecchieranno la sua personalità, saranno immagini insolite di luoghi insoliti. Una settantina d’anni di Storia che, con il terzo occhio di una donna fotografa, saranno anche la storia dell’evolversi della condizione femminile oltre che la registrazione dei cambiamenti sociali e politici in Europa.

Amory Clay nasce a Londra nel 1908- soffermiamoci un attimo a pensare che cosa abbia significato venire al mondo nel primo decennio del ‘900. Passare attraverso due guerre mondiali, la prima vissuta di riflesso- nel caso di Amory, attraverso il trauma riportato dal padre che sarà ricoverato per anni in un manicomio dopo aver cercato di suicidarsi trascinando anche la figlia primogenita nella morte-, la seconda in piena consapevolezza, nel fiore dell’età e, ancora una volta, sarà l’uomo accanto ad Amory- il marito Sholto Farr, questa volta- a vivere in prima persona la guerra, a riportare le ferite dell’anima che vanno in suppurazione e non guariscono mai, mentre Amory, inviata dal giornale sul fronte degli scontri, guarda attraverso l’obiettivo, fotografa, vorrebbe interrogare i soldati con la faccia sconvolta e finisce per interrogarsi sull’eticità delle foto di guerra, del voyeurismo bellico che ferma un momento atroce sulla pellicola, rendendolo pubblico, pensando però alla propria celebrità. E poi, dopo una ventina d’anni che passano in un soffio, un’altra guerra, lontana questa volta, nel Vietnam. Una guerra che attira Amory con la voce del sangue, risvegliando in lei il desiderio del brivido di essere nel posto dove sta accadendo qualcosa, giusto o sbagliato che sia. E la vittima questa volta è un uomo che ha molti anni di meno di Amory, una storia passeggera che le ha ridato un guizzo di gioventù.

Il nome Amory era stato scelto da suo padre che avrebbe voluto un erede maschio e aveva scelto il nome per lui. Usava, ai primi del ‘900, dare dei nomi ‘ambigui’ ai figli- Evelyn, Amory, Beverley, Vivian. Nomi prettamente femminili in realtà. Nomen omen- la vita di Amory Clay, fuori dai binari convenzionali, sarebbe potuta essere quella di un uomo. Ad iniziare dal momento in cui aveva preso l’iniziativa di infilarsi nel letto dello zio- quello che le aveva regalato la prima macchina fotografica, lui stesso affermato fotografo del bel mondo- per cercare di sedurlo. Senza successo perché era omosessuale. Non c’erano stati poi molti uomini nella vita di Amory, solo cinque, ma era spregiudicata per i tempi in cui viveva, era capace di vivere le sue storie d’amore senza un legame matrimoniale. Anche il tipo di fotografie che scattava erano una prova della sua audacia disinvolta: quelle nei locali notturni di Berlino degli anni ‘30 furono addirittura giudicate oscene e ritirate dalla circolazione. Era stato frustrante per lei dover accettare l’incarico di fotografa di moda per una rivista americana. E tuttavia il passaggio dall’Europa agli Stati Uniti sono una splendida opportunità per spostare l’obiettivo su un’altra parte del mondo, sulla nazione che diventerà il baricentro della Storia del secolo XX.

La vita di Amory Clay non è un lungo flash back e neppure una minuziosa ricostruzione. È intervallata da riflessioni di Amory stessa nel 1997 dal suo ritiro in un angolo di Scozia ed è come se il presente si fondesse nel passato, come se ci fosse uno scorrere fluido tra passato e presente. Ricordi e rimpianti, soddisfazione ed insieme indagarsi sulle proprie responsabilità come madre- l’eterno dilemma dei ‘se’: se lei non fosse andata in Vietnam ad inseguire fantasmi, forse per cercare di capire i mostri che avevano portato Sholto Farr alla morte, sua figlia sarebbe ugualmente finita in una comune in California?

William Boyd ha creato un personaggio fittizio che prende vita nelle fotografie che corredano il libro- sono foto dell’archivio fotografico dello scrittore stesso, non ritraggono Amory Clay, ma chissà, forse…

E l’impressione di stare leggendo la storia vera di una donna dentro la grande Storia d’Europa aggiunge fascino al romanzo.

William Boyd, “Una dolce carezza”

Ed. Neri Pozza, trad. M. Ortelio, pagg. 423, Euro 15,30

Recensione a cura di Marilia Piccone

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