"Silenzio elettorale", Drago Hedl

La morte è ‘di casa’ nei thriller e, però, c’è qualcosa di diverso nel tema della morte del romanzo di Drago Hedl, qualcosa che ne amplia il significato e vi aggiunge una dimensione di profondità.

"Silenzio elettorale", Drago Hedl

Adorava l’alba sul fiume. La città di Osijek, sull’altra riva, dormiva ancora.

Bella, questa immagine idilliaca con cui si apre il romanzo poliziesco “Silenzio elettorale”, primo di una trilogia di Drago Hedl, giornalista e scrittore croato. Peccato che l’idillio duri poco: non sono neppure le 5 e Igor Kožul sta andando a pescare con la sua bici. Si blocca, non riesce a credere ai suoi occhi. Ha visto un corpo riverso nell’acqua, vicino alla riva.

Sono i giorni convulsi che precedono le elezioni in Croazia, l’atmosfera è incandescente, un probabile candidato al Ministero degli interni, Horvati, domina su tutti, è presente ovunque, di persona e nei giganteschi cartelloni pubblicitari. Piace molto, ha saputo fare un’ottima campagna elettorale. Tempistica sbagliata per morire, a neppure quattordici anni, nel fiume. Meglio liquidare la faccenda come suicidio - la ragazzina viveva nell’orfanotrofio, era incinta, sarà stata disperata. Poco dopo, però, lo stesso Igor Kožul trova il cadavere di una seconda ragazza sul sentiero lungo il fiume. Anche questa viveva nell’orfanotrofio, era amica dell’altra. Overdose? Peccato che fosse mancina e il braccio su cui si era iniettata l’eroina fosse il sinistro.

Questa è la traccia ‘gialla’ del romanzo, tuttavia abbiamo subito l’impressione che sia ben altro quello che lo scrittore vuole dirci, che quello che più lo interessi sia alzare il sipario sulla corruzione in tutti gli ambienti, dalla polizia al governo, colpire basso svelando i retroscena del potere. Non ci sembra un caso che venga citato “Uomini che odiano le donne”, primo libro della serie di Stieg Larsson (lo sta leggendo il passeggero di un treno), e che uno dei protagonisti di “Silenzio elettorale” sia un giornalista d’inchiesta, Stribor Kralj, che ha qualcosa di Mikael Blomkvist e forse dello stesso Drago Hedl. Il giornalista Stribor Kralj (lavoro precario, una moglie che aspetta un bambino) e l’ispettore Vladimir Kova (depresso perché la moglie lo ha appena lasciato e sua madre soffre orribilmente per un tumore) finiscono per lavorare in coppia, quasi un doppio come nei più famosi romanzi di indagine poliziesca.

Contornati da personaggi opportunisti, pronti a piegarsi al ricatto dei soldi, pavidi davanti alle possibili conseguenze dello svelare verità scomode, Stribor e Vladimir sono, invece, incorruttibili e testardi, disposti a sfidare il pericolo (e non sono parole, sfioreranno la morte entrambi) per sbandierare una verità che non ha prezzo e che è dovuta a tutti, ai vivi e ai morti.

La morte è ‘di casa’ nei thriller e, però, c’è qualcosa di diverso nel tema della morte del romanzo di Drago Hedl, qualcosa che ne amplia il significato e vi aggiunge una dimensione di profondità. Non si tratta soltanto della morte (penosissima) delle due ragazzine a cui è stata rubata l’innocenza. L’uomo che si imbatte nei loro corpi, Igor Kožul, è ossessionato dalla morte, ha visto così tanti cadaveri nella guerra che è finita nel 1991 da avere le allucinazioni, da essere stato in cura psichiatrica, da temere che anche quello che ha visto nell’acqua sia solo un prodotto della sua mente malata. E c’è la morte desiderata dalla madre di Kova. Lei prega il figlio di aiutarla a morire, di liberarla dalla sofferenza- lui non riesce a farlo, lo farà qualcun altro, è una prova d’amore troppo ardua da chiedere a un figlio.

Non è difficile avere presto la quasi certezza sull’identità del colpevole, eppure c’è ugualmente una forte tensione nel romanzo, perché intuiamo che ci sono grossi interessi in gioco e che c’è qualcuno disposto a togliere di mezzo chiunque sia d’intralcio. E poi ci piace vedere i retroscena degli uffici di polizia (c’è sempre l’incapace di turno, così come c’è sempre chi si inchina davanti agli ordini dall’alto) e della stampa (la corsa alla notizia sensazionale, il ritrarsi davanti ai rischi oppure l’osare per adempiere al compito di diffusione della verità). Bella, infine, l’ambientazione tra Osijek in Slavonia e Zagabria - ci rivela paesaggi che conosciamo poco e sentiamo che, in qualche maniera, anche le due città sono un ‘doppio’, proprio come i due personaggi.

Edizioni Marsilio, Trad. Estera Miočić, pagg. 368, Euro 15,73

Recensione a cura di

Marilia Piccone

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