SEMINA IL VENTO, ALESSANDRO PERISSINOTTO

Ricordi di un amore

SEMINA IL VENTO, ALESSANDRO PERISSINOTTO

Quella raccontata in Semina il vento da Alessandro Perissinotto – autore e docente universitario torinese, noto in Italia e all’estero – è una bella storia d’amore nata fra un giovane del vercellese, Giacomo Musso, e una giovane francese. Giacomo ha sempre vissuto in un paesino di montagna sopra Varallo Sesia (anche se il nome, nel libro, da Varallo diventa Padallo e il suo sindaco da Buonanno diventa Capodanno), ha studiato da maestro, ha frequentato l’università a Milano dove ha ottenuto un master in didattica della scienze. Si è poi trasferito a  Parigi dove ha trovato lavoro come curatore di mostre per bambini presso il Museo della Scienza.


   Per arrotondare, la sera, fa il barista in un Café-théâtre di Belleville – il quartiere cosmopolita reso noto da Pennac –, lì conosce e si innamora di una ragazza. I due si piacciono, ma lei è fidanzata e possiede il cosiddetto “istinto della crocerossina” per un uomo che la tratta male e vive alle sue spalle. Quando però Sébastien, questo è il suo nome, ne combina una di troppo, lei lo lascia e si mette, finalmente, insieme Giacomo. Nasce così un legame che porta i due ad un matrimonio felice. Intanto, Giacomo ha avuto una promozione alla Villette, ha un posto stabile ed un aumento di stipendio; la moglie, invece, lavora a distanza, da casa, nel settore marketing di una grande azienda multinazionale francese.


   Un giorno l’uomo riceve una telefonata dal paese dove ha conservato la casa dei genitori: stanno riorganizzando la scuola elementare, la scuola che anche lui ha frequentato, e che è stata chiusa per via dei tagli. Ora è una scuola privata, gestita dagli stessi cittadini e, poiché l’intenzione è quella di salvare e di conservare le tradizioni del paese, serve qualcuno che parli la loro stessa lingua, il piemontese, occorre uno del posto: Giacomo. La moglie è entusiasta di questa prospettiva: Parigi è meravigliosa ma caotica, ne hanno abbastanza della folla e, in fondo, lì non hanno amici… E’ così che si trasferiscono a Molini.


   A questo punto, però, occorre svelare il nome della ragazza, Shirin, per capire che le sue origini sono straniere,  in particolare iraniane. I genitori hanno lasciato l’Iran ai tempi della rivoluzione Komeinista, nel ‘79 – il padre era uno dei medici dello scià, la madre è dentista –, vivono sul Canal Saint-Martin, la zona bohemienne di Parigi, sono molto ricchi, appartengono all’altissima borghesia. Nonostante ciò,  e pur essendo francese di nascita e molto colta, chiamarsi Shirin a Varallo Sesia – o Padallo – nel 2010, è un peccato originale difficile da cancellare. Inoltre la donna è bella e canta bene, tanto da essere inserita nella corale del paese: qualcuno allora comincia a chiedersi come sia possibile affidare la salvaguardia della tradizione piemontese ad una ragazza visibilmente straniera.


   Ora Shirin è morta e Giacomo è in carcere, nel braccio 6 di massima sicurezza. Persino il suo avvocato non sa se credere alla sua innocenza. Il caso gli è stato assegnato d’ufficio e per fare chiarezza sulle responsabilità del suo assistito che sembra non ricordare più nulla, gli ha chiesto di raccontare la sua storia fin dall’inizio per iscritto: il memoriale servirà all’avvocato per organizzare la sua difesa, e ai giudici per capire meglio cosa è successo.


   Grazie a questo esercizio della memoria, sollecitata da una serie di scatti fotografici, Giacomo – e con lui il lettore – ripercorre l’inevitabile serie di eventi che lo ha portato in quella cella, dalla vita a Parigi al primo incontro con Shirin; dall’amore nato lentamente, come tra  compagni di liceo, al trasferimento nel piccolo paese piemontese, fino ai fatti che hanno provocato la morte della donna e l’accusa di omicidio per Giacomo.
   Con Semina il vento, Alessandro Perissinotto conferma la volontà – già manifestata con il precedente romanzo, Per vendetta – di privilegiare trame non più di carattere esclusivamente investigativo, per addentrarsi in vicende di grande attualità e a scopo di denuncia.


   Questo romanzo offre dunque lo spunto per una riflessione sul valore e sul significato della tradizione, sulle conseguenze del dilagare del razzismo e dei pregiudizi. L’autore, infatti, pur vivendo profondamente la tradizione piemontese – si sente così piemontese da ragionare in questo dialetto, e pur non amando la romanizzazione, la volgarizzazione diffusa della lingua italiana,  è convinto anche che non è possibile ridurre la tradizione a semplici e ridicole “ciarlatanate” e caricature.
   In nome di un’ipotetica salvaguardia della tradizione, dopo anni di razzismo verso i meridionali, si è trovato nell’islamico un altro nemico, perché per rafforzare un fronte interno, occorre trovare un nemico esterno.


   Il proverbio afferma che “chi semina il vento, raccoglie tempesta”: tutte le volte che si semina odio per fini politici, pensando di poterlo controllare, quest’odio, poi, dilaga e non può più essere fermato. Farsi carico della tradizione significa non svilirla, significa invece valorizzare la tradizione di solidarietà e di laboriosità che gli italiani hanno saputo portare in tutto il mondo: quella parte buona di italianità di cui dobbiamo andare fieri.

Alessandro Perissinotto, Semina il vento, Piemme, Pagine 275, € 16,50