OLTRE LE SCALE, LORRIE MOORE

Un autoironico romanzo sulla solitudine

OLTRE LE SCALE, LORRIE MOORE

C’è una ballata, ad un certo punto del romanzo di Lorrie Moore, inventata dalla protagonista Tassie e dalla sua amica, che parla di qualcuno che vorrebbe raggiungere in Paradiso la persona amata ma non può: “c’è un cancello chiuso ai piedi della scala”. E la persona che canta chiede, “Qualcuno mi apre il cancello?”


   Restano fuori dal Paradiso i personaggi di “Oltre le scale” (il titolo originale è, più significativamente, “The gate at the stairs”), chiedendo invano la chiave del cancello. Perché è un romanzo sulla solitudine e sulla difficoltà di comunicare, pur non essendo affatto un romanzo cupo. Tutt’altro. E’ frizzante, con una protagonista e  un’autoironica voce narrante, la ventenne Tassie Keltjin, che ha un’intelligenza originale, è terribilmente amabile ed è anche ricca d’amore.


   Il romanzo inizia nell’autunno che segue il fatidico 11 settembre. Una stagione di dolore e di rabbia, con la malattia contagiosa della vendetta. La famiglia di Tassie vive in uno stato del MidWest, suo padre è un agricoltore d’élite: coltiva una varietà di patate che sono ricercate dai migliori ristoranti. Sua madre è ebrea, suo fratello ha qualche problema con la scuola, mentre Tassie frequenta l’università lontano da casa. E cerca un lavoro per non essere di peso alla famiglia. Viene assunta da una coppia come baby-sitter per la loro bambina.


   Niente, nella sua esperienza famigliare, ha preparato Tassie al confronto con una famiglia così diversa dalla sua. Sarah Brink gestisce un ristorante non tradizionale, suo marito è un donnaiolo e l’adorabile bambina di cui si occuperà Tassie è stata adottata ed è una bambina di colore.


   Non succede molto eppure succede tutto in “Oltre le scale”: l’adozione di cui Tassie segue la difficile procedura passo per passo, il legame che si instaura tra lei e la piccola Mary Emma, l’amore per un compagno d’università, il fratello di Tassie che si arruola, lo sfasciarsi di una famiglia e lo sgretolarsi di un’altra- e c’è la morte dietro entrambe.


   La lezione che Tassie sembra derivare in questi mesi è che nessuno è mai veramente come appare: non lo sono i genitori adottivi di Mary Emma che nascondono un tremendo segreto, non lo è neppure il ragazzo con cui Tassie scopre l’amore e che ‘dice’ di essere brasiliano. In più il razzismo americano, mai sopito, si risveglia virulento nei confronti di chiunque non sia bianco, riscoprendo vecchi insulti, anche- e questo è veramente il massimo- nei confronti di una bambina che ha ancora il pannolino. Oppure si arriva all’altro estremo, lo sforzo consapevole di essere politicamente corretti che si esaurisce in un formalismo quasi grottesco.


   L’avventura esaltante di Tassie lontana da casa- una casa da cui si sente sempre più lontana e non solo geograficamente, tanto da rimandare di leggere una lettera del fratello- finisce in una grossa perdita. Tassie perde la bambina che cambia famiglia d’adozione (il rapporto che si crea tra Tassie e Mary Emma è bellissimo e illumina le pagine più belle del libro. E c’è un cancello anche qui, reale questa volta, per impedire capitomboli giù per le scale), perde la quasi-amicizia con Sarah, una donna così diversa da sua madre, perde il ragazzo che amava (lui scompare. Le aveva sempre mentito?), perde il fratello diciottenne partito per la guerra assurda dell’Afghanistan. E Tassie torna a casa, a correre davanti alla mietitrice del padre per spaventare i topi, con una maschera dal grande becco e finte ali sulle braccia. Chi altro, o che altro, vuole spaventare?


   A tratti i giochi di parole e l’umorismo paiono un poco eccessivi, ma “|Oltre le scale” è ugualmente un libro che incanta, per la sua originalità, per il saper dire sembrando di non dire.

Lorrie Moore, Oltre le scale, Ed. Bompiani, trad. Vincenzo Vega, pagg. 388, euro 19,50