"Madrigale senza suono", di Andrea Tarabbia

"E’ nello stesso tempo un romanzo storico che dipinge tutta un’epoca, è un libro di storia della musica, è una storia d’amore, è una tragedia con ombre goticheggianti. [...] Un premio meritato." (M. Piccone)

"Madrigale senza suono", di Andrea Tarabbia

Madrigale: composizione musicale o lirica, in maggior parte per 3-5 voci, originaria dell’Italia e diffusa in particolare tra Rinascimento e Barocco.


Quante voci narranti ci sono nel romanzo “Madrigale senza suono” di Andrea Tarabbia, vincitore del premio Campiello 2019? Di certo due, ma forse se ne nasconde una terza sotto quella dominante, del nano Gioachino, servitore di fiducia del principe Carlo Gesualdo di Venosa, compositore di madrigali vissuto tra il 1566 e il 1613. Forse non è affatto il nano a scrivere la cronaca degli avvenimenti che sta leggendo, nel 1960, il grande musicista russo Igor Stravinskji costretto ad emigrare in seguito alla rivoluzione di ottobre. A più di trecento anni di distanza Stravinskji ‘rivisita’ la musica di Carlo Gesualdo, stupefatto non solo dall’armoniosità dei madrigali ma anche dalla tragedia umana che nascondono.

Perché Carlo Gesualdo è una figura tragica. Quando muore il fratello maggiore, Carlo viene tirato fuori dal convento a cui era stato destinato e gli viene fatta sposare la cugina Maria d’Avalos- lui la ama da quando erano bambini e scopre la passione con lei. Non dura molto. Maria lo tradisce con Fabrizio Carafa, di certo più affascinante del marito. Forse Carlo Gesualdo avrebbe chiuso gli occhi, facendo finta di non vedere. Tutto, per non perdere Maria. Ma entra in gioco il senso dell’onore, non si può permettere questo oltraggio al buon nome della casata. Carlo deve uccidere i due amanti. E poi, in ogni caso, un delitto d’onore resterà impunito.

Questa la storia che Stravinskji scopre negli incartamenti. Una storia vista dal basso verso l’alto in tutti i sensi- il nano Gioachino vive in una scatola di cartone, si può nascondere facilmente e osservare, spiare, ascoltare meglio. E il suo punto di vista è anche quello dei servitori, del popolo, che parteggiano per il principe offeso. E poi, da più in basso ancora, nelle segrete del castello, si sente una voce che non ha niente di umano, contrappunto bestiale alle note celestiali di Carlo, la sua coscienza nera. E’ sempre stato Gioachino a prendersi cura (si fa per dire) di lui, e indoviniamo presto chi possa essere questo infelice ridotto ad essere un animale che non sopporta neppure la luce di una torcia. Pensiamo a personaggi con una sorte simile, al “Visconte di Bragelonne”, al Sigismondo di “La vita è sogno”, mentre il romanzo di Tarabbia si arricchisce di un filone gotico.

Carlo Gesualdo si risposa. Deve. E si innamora. Non della moglie, ma di una sua dama in cui crede di rivedere Maria. E la sua musica fiorisce. Può l’arte nascere dal Male? Di certo il dolore e, sì, anche il macerarsi nella colpa sono uno spunto per l’arte.

Igor Stravinskji legge l’incartamento. Commenta. Scambia lettere con grandi scrittori contemporanei. Chiede l’opinione di un altro studioso. Riporta che il Nobel è stato assegnato a Quasimodo. Si domanda se, piuttosto che il nano, non sia stato lo stesso principe Gesualdo a scrivere la sua autobiografia, se la voce narrante del manoscritto sia attendibile.

Anche se il filone di quello che definirei ‘il romanzo di Stravinskji’ è meno coinvolgente di quello che riguarda il principe, anche se non proviamo grande simpatia per nessuno dei personaggi, “Madrigale senza suono” è un bel libro dai molti meriti. E’ nello stesso tempo un romanzo storico che dipinge tutta un’epoca, è un libro di storia della musica, è una storia d’amore, è una tragedia con ombre goticheggianti. È del tutto insolito nella panoramica della letteratura italiana. Un premio meritato.

Ed. Bollati Boringhieri, 2019, pagg. 377, Euro 16,50.


Recensione a cura di

Marilia Piccone

leggerealumedicandela.blogspot.it

Novembre 2019