Le nostre anime di notte di Kent Haruf

C’è grandezza nella semplicità, nei romanzi di Kent Haruf. Pacatezza e poesia. Essenzialità. La luce dello straordinario nel quotidiano (M. Piccone)

Le nostre anime di notte di Kent Haruf

Con questo ultimo bellissimo romanzo diremo addio a Holt, la cittadina immaginaria del Colorado dove sono ambientati tutti i libri di Kent Haruf. A lui, Kent Haruf, abbiamo già detto addio- è morto nel novembre 2014 senza aver visto la pubblicazione di “Le nostre anime di notte” che aveva scritto velocemente, in estate, perché sapeva di avere poco tempo a disposizione. È per questo, forse, che si avverte un’urgenza, nel romanzo, una necessità di parlare prima di tacere per sempre. E Kent Haruf ha messo se stesso e la moglie Cathy al centro della breve vicenda, sono loro due le anime che si parlano di notte, aggiungendo poi personaggi e storie che non sono la sua.

“E poi ci fu il giorno in cui Addie Moore fece una telefonata a Louis Waters”. Questo l’incipit che introduce i due personaggi. Sarebbe brusco se non ci fosse quel ‘e poi’ all’inizio che suggerisce tanto altro, una vita, due vite, prima di quel momento. “Mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me”- questo Addie non lo dice a Louis al telefono, va a casa sua per fargli questa proposta che lui non sa come interpretare. “Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare.” Ecco, lo ha detto. Così semplice, così ovvio. C’è voluto coraggio, ma lo ha detto. Sono entrambi vedovi, Addie ha settantadue anni, lui o è suo coetaneo o quasi. Che cosa hanno da perdere?

E Louis si presenta alla porta di Addie, con pigiama e spazzolino in un sacchetto. Addormentarsi ascoltando il respiro dell’altro. Allontanare il buio della solitudine. Ascoltare la voce di chi è sdraiato accanto, raccontarsi dapprima le minuzie, le piccole abitudini, addentrarsi nei ricordi a poco a poco, ricostruire la propria vita l’uno per l’altro. La tragedia che ha colpito la famiglia di Addie dopo la quale niente è più stato come prima. La crisi matrimoniale di Louis (rimpiange la decisione che ha preso? è ancora innamorato della donna che per poco non aveva distrutto il suo matrimonio?).

Quando arriva il nipotino di cinque anni di Addie, con naturalezza Louis si cala nella parte di nonno. Il bambino ha dei problemi, come avviene spesso ai bambini nei libri di Kent Haruf, e sono Addie e Louis, con la pazienza e la comprensione che l’età insegna, ad aiutarlo. Loro due, un cane, dei topolini appena nati, delle corse lungo un ruscello, delle notti sotto una tenda.

Una storia d’amore senza sesso tra due anziani è troppo bella per essere vera e per essere capita. La gente chiacchiera, fa maldicenze. Che cosa hanno da perdere Addie e Louis? Può non importare a loro niente della reputazione e dei pettegolezzi - che la gente pensi quello che vuole. Ma il figlio di Addie si intromette. E lei, così ammirevolmente spavalda, si fa piccola davanti a lui, non riesce a far fronte alle sue minacce.

C’è grandezza nella semplicità, nei romanzi di Kent Haruf. Pacatezza e poesia. Essenzialità. La luce dello straordinario nel quotidiano. È come se lo scrittore operasse una magia e noi non riuscissimo a capire come faccia a spargere polvere di bellezza in quello che a noi apparirebbe grigio e banale senza le sue parole.

Kent Haruf, “Le nostre anime di notte”

Ed. NN, trad. Fabio Cremonesi, pagg. 200, Euro 17,00

Recensione a cura di Marilia Piccone

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