LA MACCHINA PER FABBRICARE GLI SPAGNOLI, VALTER HUGO MÃE

Un libro dolce e amaro, spruzzato di ironia, una riflessione sulla vita e sulla morte, sulla necessità di trarre un pizzico di gioia da ogni minuto che ci resta

LA MACCHINA PER FABBRICARE GLI SPAGNOLI, VALTER HUGO MÃE

Un uomo anziano attende nella saletta di un ospedale. Sua moglie è stata ricoverata d’urgenza. Quando arriva il medico, la notizia che deve comunicare è la peggiore che Antonio Silva possa aspettarsi.

Antonio non riesce a capacitarsi: come può averlo lasciato Laura, suo unico amore? Fra un paio di anni avrebbero festeggiato i cinquanta di matrimonio. Come potrà vivere senza di lei?

Presto detto. Almeno per quello che riguarda la vita pratica quotidiana ci pensano i figli: Antonio sarà ospitato nella casa di riposo per anziani dal beffardo nome “L’età felice”. Ed è anche fortunato ad avere trovato posto: gli ospiti dell’Età Felice sono novantatre, si può entrare se ne esce qualcuno- non vivo, di certo. E questo diventerà un argomento di scherzi macabri- la necessità di dare una spintarella (per così dire) a qualcuno che più che un ospite è un paziente che necessita di cure, in modo da liberare un posto per qualcun altro in condizioni migliori di salute e quindi più redditizio.

La casa dell’Età Felice è come l’ultima stazione a cui arriva un treno, con due fermate, però. Quando ci si avvicina alla seconda fermata, si cambia anche di letto, si viene portati nell’ala dell’edificio con vista sul cimitero. Mentre tutti gli altri, quelli in attesa di scendere dal treno della vita, occupano le stanze che danno su uno spiazzo in cui giocano i bambini. Quasi a ricordare loro di un tempo ormai molto lontano, oppure che il futuro degli altri è lì, fuori della finestra.

Potrebbe essere un libro deprimente e triste, “La macchina per fabbricare gli spagnoli” del portoghese valter hugo mãe (è lo scrittore ad usare i caratteri minuscoli sia per il suo nome sia per la sua narrazione, anche dopo il segno del punto). Invece è, paradossalmente, un singolare romanzo ‘di crescita’ mentre seguiamo le tappe di un graduale cambiamento ascoltando la voce narrante di Antonio Silva. Dopo un periodo iniziale di cupo mutismo in cui è arrabbiato con tutti e si isola da tutti, Antonio incomincia ad uscire da sé, a parlare prima con uno, poi con un altro degli ospiti, tutti descritti con tocchi leggeri di ironia e pietas. Antonio è fortunato, non è comune continuare ad amare la stessa donna per mezzo secolo ed esserne riamato, la maggior parte di chi si trova lì ha ben poco per cui essere felice.

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"Un giorno, signor silva, sua moglie sarà una memoria che non duole più e che le reca solo felicità. La felicità di aver condiviso con lei un amore incredibile che non può più farla soffrire, solo portarla alla gloria di averlo vissuto, di esserselo meritato."

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La signora Marta, ad esempio, è stata abbandonata da un marito più giovane che non si è più fatto vedere (Antonio la renderà felice, scrivendole delle lettere a nome del marito); Leopoldina vive del ricordo di un’unica notte d’amore con un famoso calciatore (lei, però, all’epoca non sapeva chi fosse); lo spagnolo pazzo che urla sempre e che si crede portoghese, non ha niente di meglio che sognare una macchina che trasformi i portoghesi in spagnoli. C’è un centenario, poi, che si chiama Esteves ed è convinto di essere entrato in una poesia di Pessoa, “Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves!, e l’universo/ mi si è ricostruito senza ideale né speranza, e il Padrone della Tabaccheria ha sorriso”.

Non importa se sia vero o no, la fama tra gli amici è arrivata così a Esteves. Questa non è l’unica incursione della letteratura nel libro di valter hugo mãe, c’è un gioco scherzoso di rimandi che sembrano mettere alla prova la memoria dei lettori come quella degli anziani. Non solo c’è un Pereira (pensiamo a Tabucchi), ma ad un certo punto arrivano un commissario di polizia e il suo aiutante in quella che è una presa in giro di un’inchiesta: si chiamano Jaime Ramos e Isaltino de Jesus  e sono i due personaggi dei libri di indagine poliziesca del noto scrittore portoghese Francisco José Viegas.

Si ha l’impressione di entrare ed uscire dalla realtà, che poi è una doppia finzione letteraria, mentre Antonio Silva è ‘maturo’ per ricordare altro che non sia solo la sua Laura. Ricordare gli anni di Salazar e di come lui avesse avuto un momento di coraggiosa ribellione, proteggendo un giovane oppositore del regime, per poi macchiarsi di una tremenda colpa denunciandolo.

Un libro dolce e amaro, spruzzato di ironia, una riflessione sulla vita e sulla morte, sulla necessità di essere onesti con se stessi almeno alla fine del nostro viaggio sulla terra ed essere capaci di trarre un pizzico di gioia da ogni minuto che ci resta.

valter hugo mãe, La macchina per fabbricare gli spagnoli, Ed. Neri Pozza, trad. Barbara Bertoni, pagg. 277, Euro 16,50