LA DONNA LEONE, ERIK FOSNES HANSEN

Una bambina diversa

LA DONNA LEONE, ERIK FOSNES HANSEN

“Non la voglio vedere. Quella cosa non è un bambino. E’…un ermellino, dannazione. La porti via.”
   Era stata questa la prima reazione del capostazione Arctander, già sconvolto e distrutto dal dolore per la morte della giovane moglie, quando gli avevano mostrato la neonata. Perché la bimba che era venuta al mondo prematura causando la morte della mamma era interamente ricoperta di una fine peluria chiara: persino il visino e il dorso delle mani erano rivestiti da quei peli, più lunghi di quelli che a volte si presentano sulla pelle di un neonato e che sono destinati a cadere nel giro di un paio di settimane. Nel caso della piccola Eva sarà presto chiaro che si tratta di qualcosa di anormale e insolito: ipertricosi congenita.

   Il medico che ha assistito alla nascita nello sperduto paesino norvegese denuncerà il suo caso al Collegio dei medici della capitale. Il destino di Eva è segnato: diventerà oggetto di osservazione e studio per i medici, un freak, un fenomeno da baraccone, una bizzarria della natura per gli altri.


   Non è facile scrivere di ‘un diverso’. Non è facile leggere di ‘un diverso’, occorre superare una certa resistenza interiore che ci spinge ad evitare il confronto con una realtà non piacevole.


   E tuttavia, una volta iniziata la lettura del romanzo “La donna leone” di Erik Fosnes Hansen, è impossibile interromperla, perché lo scrittore riesce a tracciare il ritratto di una bambina, e poi di una ragazza, “speciale” osservandola da ogni angolazione: i dettagli clinici e scientifici sono accurati, il cinismo, la freddezza e la disumanità dei dottori che esaminano Eva al congresso di Copenhagen sono raggelanti, la crudeltà degli altri bambini nei suoi confronti è comprensibile anche se ne soffriamo insieme ad Eva.


   Di per contro ci riscaldano il cuore altri personaggi che amano Eva nonostante, o forse, almeno in un caso, proprio per il suo aspetto insolito. Il padre che finisce per accettarla così com’è e la vizia in quello che può: se la tiene segregata, concedendole di aggirarsi solo in determinati spazi, è per evitarle la curiosità malsana e la ripulsa degli altri. La ragazza che l’ha allattata quando era come un gattino dal pelo biondo e che è diventata abilissima a cucire per lei abiti che nascondano il più possibile senza però mortificarla.


   Il telegrafista che le insegna l’alfabeto Morse e monta un trasmettitore nella sua stanza spalancandole le porte del mondo. Il compagno di scuola, infine, che aveva infranto la sua solitudine, seguendola nel bosco e scoprendo il suo rifugio quando lei scompariva da scuola. Le aveva insegnato a nuotare, ammirandone ‘la pelliccia’ resa lucida dall’acqua come quella di una lontra e poi gonfiata dall’aria che l’asciugava. E insieme avevano scoperto l’amore e il sesso che sono la stessa cosa, quando si è giovanissimi.


   E’ un libro dolce e crudele, “La donna leone” di Erik Hansen. Si prova tenerezza verso Eva e la sua bellezza nascosta che le impone di nascondersi agli occhi altrui. La sua è una storia di solitudine, di forza interiore che si ottiene quando si è consapevoli che si dovrà lottare tutta la vita per affermare il diritto di esistere e di avere una vita- perché no?- come tutti gli altri. A meno che non prenda in considerazione di unirsi alla compagnia itinerante di ‘diversi’ che fanno pagare il pubblico per mettersi in mostra. In questo modo vivrebbe un altro tipo di segregazione ma sarebbe, almeno, difesa dalla cattiveria degli altri, dei ‘normali’. Perché questi possono essere molto crudeli, come vediamo alla fine.

Erik Fosnes Hansen, La donna leone, Ed. Tropea, trad. Margherita Podestà Heir, pagg. 375, Euro 18,00