LA BELLEZZA DELLE COSE FRAGILI, TAIYE SELASI

La storia dei modi semplici e devastanti in cui una famiglia può dividersi. La storia dei modi, ogni volta unici e miracolosi, in cui una famiglia può riunirsi

LA BELLEZZA DELLE COSE FRAGILI, TAIYE SELASI

Mattino presto. Un uomo si accascia nel giardino della sua casa ad Accra, in Ghana.

Qualche giorno dopo. L’intera famiglia di quell’uomo- la moglie e l’ex moglie, i quattro figli e una nuora, sono raccolti sulla spiaggia per affidare all’oceano l’urna con le ceneri di Kweku Sai, l’uomo che è morto d’infarto, il miglior chirurgo che si fosse mai visto al John Hopkins Hospital di Boston, il marito e il padre che ha abbandonato senza spiegazioni Fola, l’amore della sua vita, e i figli che fino a quel momento lo avevano guardato con rispetto e ammirazione.

È fra questi due eventi, fra questi due giorni, che si dipana il romanzo- bellissimo, diciamolo subito- della scrittrice TayieSelasi, figlia di padre ghanese e di madre nigeriana che di certo ha messo qualcosa della sua propria vita nelle pagine che ha scritto. E sono pagine ricche in tutti i sensi. Ricche di personaggi, di emozioni, di parole che alternano un linguaggio fortemente evocativo ad uno di uso quotidiano, di un sottofondo di Storia sociale che parla di immigrazione, che smentisce l’idea corrente di Africa come un paese selvaggio popolato da subumani di intelligenza inferiore. Anzi. Se, forse, c’è un tocco di esagerazione, è nel calcare la mano nel ripetere quanto siano belli fisicamente, quanto siano straordinariamente dotati i quattro fratelli Sai, come sia bella Fola Savage che, in fuga dalla Nigeria, ha sposato giovanissima Kweku Sai, ambizioso e dotato di un talento straordinario.

Tutta la storia della vita di un uomo e della sua famiglia racchiusa tra due giorni- e l’architettura de “La bellezza delle cose fragili” è mirabile. Una prima parte si focalizza su di lui, Kweku Sai, il pilastro che, al suo crollo, trascina con sé chi gli è intorno. La giovinezza in Ghana, con un padre che, proprio come avrebbe fatto lui, Kweku, ad un certo punto era scomparso. Gli studi, la volontà indomita, l’emigrazione, scalino dopo scalino la salita verso la ricchezza e i riconoscimenti come chirurgo. Poi il crollo, il licenziamento- chi meglio di un medico di colore può fare da capro espiatorio per una morte ‘importante’ e peraltro prevista? Kweku non lo accetta, non dice nulla a casa, se ne va. Solo uno dei figli sa il motivo, ma ha promesso di tacere.

La sezione centrale del libro coglie la moglie e ognuno dei figli nel momento in cui Kweku ha l’infarto.  Fola, il primogenito Olu che è diventato un medico come il padre, i gemelli Taiwo e Kehinde, la piccola Sadie, ‘sanno’ senza sapere, sono invasi da un dolore che non sono capaci di spiegarsi. La scomparsa del padre- Sadie aveva solo quattro anni, i gemelli tredici e Olu aveva iniziato il college- aveva interrotto il corso della loro vita, cambiato le abitudini e le aspettative di tutti loro.

Il peggio era toccato ai gemelli dagli strani occhi verdi ereditati dalla bisnonna scozzese: erano stati mandati ospiti da uno zio in Ghana e soltanto adesso uno di loro ha la forza di raccontare che cosa fosse loro successo, perché lui e la sorella si fossero allontanati l’uno dall’altra. Ma tutti avevano avuto un blocco dell’amore, come se non si fidassero di mettere il loro cuore nelle mani di qualcuno che poteva tradirli. Come aveva fatto il padre. Ma era poi l’unico colpevole, il padre? Non era forse tornato a cercarli dopo un paio di mesi, per scoprire che la casa era stata venduta e loro erano scomparsi?

Non è soltanto la famiglia ad essere fragile, come tutte le cose belle. È l’amore, la cosa più bella al mondo,  ad essere fragile, a dover essere curato come una pianta rara. Il finale del libro è la prova che, tuttavia, c’era solo un’incrinatura, che la pianta rara ha rialzato il capo, che sta mettendo germogli, che una morte non è stata vana.

TaiyeSelasi, La bellezza delle cose fragili, Ed. Einaudi, trad. Federica Aceto, pagg. 328, Euro 19,00