IO CI SARÒ, KYUNG-SOOK SHIN

Dalla più nota autrice coreana una immersione toccante e malinconica nella memoria, nel silenzio di parole mai dette, nella bellezza e nello sgomento della gioventù

IO CI SARÒ, KYUNG-SOOK SHIN

Avevo letto, anni fa, il bel libro “Prenditi cura di lei” della scrittrice coreana Kyung-sook Shin. Leggendo ora il romanzo appena pubblicato, “Io ci sarò”, mi ha colpito un tema che ricorre in entrambi- quello della scomparsa.

“Prenditi cura di lei” ruotava intorno alla scomparsa di una madre e la narrazione, affidata ai vari componenti famigliari e infine alla stessa madre, rivelava la personalità di questa, come appariva agli altri e come era in realtà.

Scompaiono molte persone in “Io ci sarò”- un titolo che sembra quasi un ossimoro per il tema della scomparsa ma che ha un significato molto bello per quello che è l’altro grande tema del romanzo, l’amicizia, per cui niente è importante quanto la sicurezza di avere sempre qualcuno su cui contare, qualcuno che sarà vicino a noi per confortarci, per dividere gioie e dolori.

Le persone scompaiono perché vogliono evitare il contatto con gli altri (la madre di Jeong Yun aveva allontanato da sé la figlia quando si era ammalata di tumore, Miru, amica di Jeong Yun, si renderà introvabile in cerca di annullarsi, il giovane Myeong-seo non si farà più vedere quando i tragici eventi gli rendono impossibile continuare a frequentare Jeong Yun), oppure perché muoiono (il professor Yun, lasciando un ricordo indelebile dietro di sé), oppure perché vengono fatte scomparire (il ragazzo della sorella di Miru, oppure Dan, l’amico d’infanzia di Jeong Yun).

Il libro segue una doppia narrativa, quella di Jeong Yun che è diventata una scrittrice, e quella tratta dalle pagine del ‘taccuino marrone’ di Myeong-seo- ci può capitare così di leggere due volte la stessa vicenda, vista o ricordata da persone diverse. Ed inizia con una prima scomparsa che darà l’avvio ai ricordi. Jeong Yun riceve una telefonata da Myeong-seo che non sentiva (‘era scomparso’) da otto anni: il professor Yun sta morendo.

Prima di arrivare al momento in cui tutti gli ex alunni del professore si ritrovano al suo capezzale per ricevere da lui un ultimo messaggio- un insegnamento di vita, il nastro del tempo si riarrotola e Jeong Yun rievoca gli anni in cui lei era arrivata da poco a Seoul per frequentare l’università e aveva conosciuto Miru e Myeong-seo proprio durante le lezioni del professore. Il quale li aveva folgorati tutti con la leggenda di San Cristoforo che traghetta Gesù sulle spalle in acque pericolose, chiedendo poi se avrebbero scelto il ruolo di chi trasportava il peso del mondo o di chi veniva trasportato.

Ma la figura del professore (e ci viene in mente il carismatico professore del film “L’attimo fuggente”), per quanto dominante, per quanto adeguata (si dimetterà dall’insegnamento come forma di protesta), serve principalmente per focalizzare la ribellione studentesca entro cui si muovono, più o meno attivamente, Jeong Yun, Miru e Myeong-seo che diventano amici. Ognuno di loro ha un suo segreto, o un suo lato oscuro, soprattutto Miru: che cosa le è successo, per avere le mani segnate dalle cicatrici di una tremenda ustione?

Che ne è stato della sorella? E del ragazzo di questa, che Miru continua a cercare e che nessuno osa dirle essere scomparso insieme a molti altri ragazzi?

Sono interrogativi a cui verrà data risposta in seguito, mentre si accendono sentimenti d’amore che paiono incrociarsi- Myeong-seo ama Miru ma si innamora di Jeong Yun, la quale è attratta da Miru con un’amicizia che rasenta l’amore e però ricambia l’amore di Myeong-seo deludendo l’amico d’infanzia Dan che si è arruolato (le sue notti di guardia di fronte ad un nemico che non arriva mai ci fanno pensare al sottotenente Drogo de “Il deserto dei tartari”) e che scomparirà, morendo in un modo che lascia adito a molti dubbi.

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“Vorrei che qualcuno ci promettesse qualcosa e ci dicesse che nulla è privo di senso. Vorrei ci fossero delle promesse in cui vale la pena credere, e che dopo i tormenti, la solitudine e la paura arrivi qualcos’altro. Riflettendo su come viviamo, se la giovinezza iniziasse alla fine della vita, non riusciremmo forse a realizzare i nostri sogni?”

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“Io ci sarò” è un romanzo sulla difficoltà dell’essere giovani, di fare il cristoforo che si carica il mondo sulle spalle per attraversare le acque tempestose della vita, di lottare per cambiare qualcosa, di essere coerenti con le proprie idee, di amare quando l’altro non risponde al tuo amore, di vivere quando l’altro non vive più.

Kyung-sook Shin, Io ci sarò, Ed. Sellerio, trad. Benedetta Merlini, pagg.328, Euro 16,00