IL TEMPO DELL'ATTESA, Elizabeth Jane Howard

"Quello che è straordinario, nei romanzi di Elizabeth Jane Howard, è ciò che definirei ‘lo splendore nell’erba’, la capacità di rendere eccezionale quello che è ordinario"

IL TEMPO DELL'ATTESA, Elizabeth Jane Howard

    Mi sento orfana. Ho terminato di leggere “Il tempo dell’attesa”, secondo libro della saga dei Cazalet di Elizabeth Jane Howard, e mi sento orfana, privata della compagnia dei personaggi con cui ho vissuto per più di 600 pagine. L’amica di Louise Cazalet dice, ad un certo punto, che le piace stare chez Cazalets’. Piace anche a me stare chez Cazalets e mi mancano tutti- i tre fratelli e le loro mogli, i figli grandi e piccoli, perfino il Generale (l’anziano patriarca) e sua moglie la Duchessa- e penso che incomincia per me il tempo dell’attesa del terzo libro ( a meno che ceda alla tentazione di comprarmelo in originale).

    È il 1939. Hitler ha invaso la Polonia, la guerra è nell’aria. Di nuovo. Sono volati i vent’anni dalla fine del primo conflitto che ha lasciato Hugh Cazalet senza una mano e adesso la famiglia ha una nuova possibile vittima da offrire alla guerra: Rupert, troppo giovane nel 1914, si arruolerà di certo, così come il fratello maggiore Edward. E “Il tempo dell’attesa” diventa, per tutta la famiglia, attesa, giorno dopo giorno, che finisca la guerra, che finisca la loro reclusione nella casa di campagna (com’è che, quando passavano lì le vacanze, i mesi scorrevano veloci e tutto sembrava bellissimo ed ora, invece, si sentono soffocare, come fossero prigionieri?), di avere notizie dell’andamento della guerra, di chi è lontano per cui si è in ansia e poi- soprattutto- di Rupert che è stato dato per disperso dopo la battaglia di Dunkerque. attesa di crescere, per i giovani Cazalet che si affacciano al mondo. Louise vuole diventare un’attrice e riesce a frequentare una scuola di recitazione. Lontana da casa incontra anche un giovane che si innamora di lei- lei lo ama? Che cosa si prova quando si è innamorati? È solo curiosità di amore, la sua? Di Angela si sussurra che sia incinta di un uomo sposato; Neville, così piccolo nel primo romanzo, viene mandato in una scuola privata (come succede a tutti i figli maschi dell’élite britannica), e ne combina di tutti i colori, forse perché soffre, senza darlo a vedere, perché non si sa nulla del padre; la dolce Polly si fa sempre più bella e non se ne rende conto, non ha idee sul suo futuro, sogna solo una casa tutta per sé; Christopher si dichiara pacifista e viene accusato di vigliaccheria; Clary, infine, la primogenita di Rupert, gelosa della nuova giovane moglie del padre, diventa la ‘fiaccola’ dei Cazalet che tiene accesa la speranza che il padre sia vivo. Suo padre Rupert non può essere morto semplicemente perché non può avere lasciato soli lei e Neville che già hanno perso la mamma. Non può. È una fede incrollabile, quella di Clary, commovente. Diventa una forza che deve tenere in vita Rupert Cazalet dovunque egli sia. E Clary, aspirante scrittrice, inventa storie rocambolesche su di lui, ne fa una spia (ecco perché il padre non può dare notizie), forse si è unito ai partigiani francesi (parla francese così bene!). Clary scrive a De Gaulle sperando che abbia i canali giusti per appurare che cosa sia successo.

    Quello che è straordinario, nei romanzi di Elizabeth Jane Howard, è ciò che definirei ‘lo splendore nell’erba’, la capacità di rendere eccezionale quello che è ordinario. La storia che ci racconta (largamente autobiografica) è, dopotutto, la vita quotidiana, fatta di piccole cose, di una famiglia. Sentimenti, preoccupazioni per mettere un pasto in tavola per tante persone quando si deve fare il conto con le tessere annonarie, chiacchiere leggere su abiti e acconciature e discorsi più seri sull’andamento della guerra, problemi e malattie in famiglia ma anche l’ospitalità generosa verso gli sfollati. E non è neppure tutto roseo e positivo- ci sono dei lati oscuri in alcuni personaggi, c’è chi migliora e c’è chi è incorreggibile, c’è chi amiamo e chi finiamo per disprezzare.

E poi la narrativa è affidata a varie voci, si sposta il centro del romanzo, secondo chi è a parlare noi vediamo tutti da una diversa angolatura, e non riesco a trovare un paragone per la naturalezza dei dialoghi, perfino per l’incantevole chiacchiericcio dei bambini.

Un romanzo bellissimo, finalmente riscoperto.

Elizabeth Jane Howard, “Il tempo dell’attesa”

Ed. Fazi, Trad. M. Francescon, pagg. 638, Euro 15,73

Recensione a cura di Maria Emilia Piccone

http://leggerealumedicandela.blogspot.it

Foto di Elizabet Jane Howard tratta dal sito Fazi Editore.