IL SOLE DOLCE DEI RICORDI, DINA RUBINA

Madre e figlia a Tashkent

IL SOLE DOLCE DEI RICORDI, DINA RUBINA

“Il dolce sole dei ricordi” è un ‘romanzo-città’: è la scrittrice stessa, Dina Rubina, a definirlo così. Perché il romanzo è, sì, la storia di due donne, madre e figlia, in cui si inserisce- in maniera quasi pirandelliana- la storia della stessa Dina Rubina, ma è anche il ritratto di una città, Tashkent, in Uzbekistan, nella dolce luce soffusa della memoria. …Quando sono molto stanca, ricordo il miele vischioso del sole di Tashkent, scrive l’autrice, riuscendo a comunicarci con tre parole la dolcezza, l’indeterminatezza e il calore di quel ricordo.


   Per la sua stessa posizione, decentrata rispetto alla capitale e anche agli scenari dei sommovimenti politici dell’Unione Sovietica, e per il suo clima mite, Tashkent è stata- fin dalla seconda guerra mondiale- la meta degli sfollati, forzati o volontari, dei ‘coloni bianchi’ ma anche dei besprizorniki, le bande cenciose dei  bambini che le purghe staliniane avevano reso orfani. Quando Katja era arrivata a Tashkent (e la guerra non era ancora finita), aveva l’età di una bambina, ma l’esperienza atroce di aver vissuto a Leningrado durante l’assedio aveva segnato la fine della sua infanzia. Come fosse riuscita a sopravvivere, quando già l’avevano data per morta- di fame, e di che altro in una città ridotta al cannibalismo?-, era un mistero. O forse la prova di una forza di tempra che l’avrebbe sorretta per tutta la vita.


    Il romanzo inizia da quella che pare la fine della storia: Eccovi il riassunto degli avvenimenti, scrive l’autrice. E cioè: tornando da un viaggio, Katja aveva saputo dai vicini che ‘il padrino’ la tradiva. Lo aveva accoltellato ed era finita in prigione per omicidio.


   Nello stesso tempo, però, la scrittrice precisa che non fu ‘un vero omicidio’ e che zio Miša girò da un ospedale all’altro.


   È un inizio intrigante: che tipo di viaggio ha fatto Katja? Viene detto che era una ‘tournée’, più tardi sapremo che ha il soprannome di ‘artista’…E chi è questo padrino? Padrino in che senso? Proseguiamo la lettura e capiamo di non aver letto la fine, ma di essere stati catapultati a metà della storia di una madre e una figlia, Katja e Vera. La prima con un destino storpiato dal passato, la seconda che lotta per crearsi un destino diverso il più possibile da quello della madre.


   Un’artista della truffa, la prima- e, in questa narrazione che si sposta avanti e indietro nel tempo, apprenderemo molto tardi, insieme a Vera e in tutt’altro luogo che a Tashkent, la grandiosità dei traffici sporchi di Katja. Un’artista vera (nomen omen?) la seconda, una grande pittrice che non segue nessuna scuola, che non si lascia intimidire dai dettami dell’arte sovietica. Katja che usa le persone per un possibile guadagno o per un piacere egoista, che considera persino la figlia come un suo possesso; Vera che ‘usa’ le persone in un’altra maniera- per metterle nei suoi quadri e che amerà quattro uomini.


   E ogni tanto, fra queste due donne, tra i tanti personaggi e le tante vicende della trama di questo ampio romanzo che ben si colloca nella tradizione letteraria russa, si inserisce la scrittrice stessa, con la sua vita che sfiora quella di Vera (le aveva regalato un nastro e una borsetta, da bambina; la rincontra in altre città, a mostre o a eventi, da adulta), con le sue domande al padre o ad amici perché la aiutino a ricostruire i suoi ricordi di Tashkent, splendida città ferita a morte dal terremoto del 1966.


   Appassionante, ricco di voci, di storie e di testimonianze, con un’ambientazione insolita, “Il sole dolce dei ricordi” è un libro per chi ama spaziare e conoscere destini diversi, domandandosi, ‘e se…?’.

Dina Rubina, Il sole dolce dei ricordi, Ed. Cargo, trad. Emanuela Guercetti, pagg. 444, Euro 21,00