IL PAZZO DELLO ZAR, JAAN KROSS

"Come abbiamo potuto ignorare così a lungo un libro talmente splendido? Perché Timo von Bock non è un protagonista qualunque, Timo è un eroe e gli anni in cui viviamo hanno bisogno di eroi da ammirare" (M. Piccone)

IL PAZZO DELLO ZAR, JAAN KROSS

    Timotheus von Bock è veramente esistito. Nato nel 1787 in Livonia (ora facente parte della Lettonia) e morto nel 1836, Timotheus von Bock fu aiutante di campo dello zar Alessandro I durante la campagna di Russia di Napoleone, amico personale e fidato dello zar e autore della proposta di una nuova Costituzione per cui scontò nove anni di prigione nel carcere di Shlüsselburg.

     Timotheus von Bock è il protagonista del romanzo “Il pazzo dello zar” dello scrittore estone Jaan Kross- anche Kross sperimentò la durezza della repressione sovietica, deportato in un Gulag siberiano dove passò otto anni. Il romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 1978, una prima traduzione in italiano è uscita nel 1994 per Garzanti ed è scomparsa da tempo dagli scaffali: come abbiamo potuto ignorare così a lungo un libro talmente splendido? Perché Timo von Bock non è un protagonista qualunque, Timo è un eroe e gli anni in cui viviamo hanno bisogno di eroi da ammirare. Timo von Bock è un rivoluzionario pacifico, è un rivoluzionario che vuole cambiare la società iniqua in cui vive per evitare la rivoluzione. Proprietario della tenuta di Võisiku, Timo affrancò i suoi servi ben prima che dovessero essere liberati per legge e sposò una contadina, Eeva, sfidando l’ostracismo dei suoi pari. Sapeva quello a cui andava incontro, Timo, e sapeva quello che faceva: prima del matrimonio Eeva (a cui poi Timo chiese di prendere il nome di sua madre, Katrina) fu mandata con il fratello da un precettore. Con un severo programma di studio i due ‘contadini’ acquistarono una cultura che li mise in grado di conversare- anche in francese- con chiunque si trovassero a dover frequentare in compagnia di Timo, e poco importavano le occhiate sprezzanti e gli atteggiamenti dettati dal pregiudizio degli altri.

Lo zar aveva fatto giurare a Timo di dirgli sempre la verità e Timo lo aveva preso in parola, aveva creduto che fosse suo preciso dovere mettere lo zar davanti alla realtà delle ingiustizie nella loro società, farlo confrontare con la necessità di un cambiamento radicale nella politica governativa. Il documento con le proposte di Timo era talmente esplosivo e innovatore che nulla doveva trapelarne- nessuno, neppure Eeva, sapeva il motivo per cui Timo fosse stato arrestato. Per anni non seppe neanche dove fosse stato imprigionato. Finché fu fatta circolare la voce che Timo era pazzo. Ad un pazzo si può concedere molto, non è responsabile di quello che dice, anche se la sua è la saggezza nella follia, come quella di Re Lear. Ad un pazzo si può anche ridare la libertà vigilata, controllata da spie infiltrate al servizio di Timo ed Eeva.

Quando ritorna a Võisiku, Timo è irriconoscibile. Gli hanno spezzato i denti, il suo fisico è ammalato. Non il suo spirito, non la sua mente, però. Timo è, come è sempre stato, come vuole essere, “un chiodo di ferro nel corpo dell’Impero”. Timo gioca a fare il pazzo, ma è integro, continua a credere nelle idee che lo hanno mandato a Schlüsselburg. Rifiuterà anche la possibilità di fuggire all’estero: un chiodo di ferro non può essere rimosso.

    La storia di Timo von Bock ci viene raccontata nel suo diario da Jakob, il fratello di Eeva, l’uomo che Timo ha strappato dalla terra facendone una persona colta. Sradicata, però. Mentre Eeva si adegua per amore (come si fa a non amare un uomo come Timo?), Jakob avvertirà sempre un disagio, non si sentirà più a suo posto nella casa dei genitori e non riuscirà neppure, però, a farsi una nuova cerchia di amici. Resterà leale a Timo ma con una certa qual diffidenza, quasi ritenesse anche lui che i suoi grandi ideali utopici fossero una pazzia.

     Ha avuto coraggio, Jaan Kross, a scrivere di Timo von Bock negli anni ‘70. Mentre l’Estonia e tutti gli stati baltici facevano parte dell’Unione Sovietica, era come se non fossero passati centocinquanta anni, come se ci fosse ancora lo zar ad esercitare il suo dominio con il pugno di ferro, come se la voce di Timo risuonasse con la stessa pericolosa potenza.

Assolutamente da leggere.

Ed. Iperborea, trad. Arnaldo Alberti, pagg. 448, Euro 19,00

Recensione a cura di  Maria Emilia Piccone

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