IL LIBRO DI RENFIELD, TIM LUCAS

La storia del 'portavoce' di Dracula

IL LIBRO DI RENFIELD, TIM LUCAS

Un romanzo sulle origini di un piccolo uomo diventato servo del male. Ma non solo... Un libro sulla fascinazione del male. Anche. Un horror con al centro un complesso di Edipo irrisolvibile e perverso. Sì, ma probabilmente ancora non ci siamo: descrivere senza banalizzare la storia e le “verità” non scritte (ma chiaramente suggerite) nascoste tra le righe del “Libro di Renfield” dello scrittore e critico cinematografico Tim Lucas è difficile.


   Il Renfield di cui si parla, ovviamente, è il discepolo di Dracula, colui che ne annuncia al mondo l’arrivo, che ne vaticina gli orrori. Il primo a subirne l’influenza.


   Attraverso i resoconti delle sedute e i diari del dottor Seward, lo psichiatra che ha avuto a che fare con Renfield anche nel romanzo stokeriano raccogliendone i deliri e i ricordi, ne riviviamo l’infanzia e adolescenza che, facile immaginarlo, sono state molto più che complicate.


   Abbandonato in fasce e allevato da un pastore che, nonostante l’impegno, non riesce a far accettare quel figlio imperfetto alla sua comunità, Renfield si avvicina alla natura e agli animali, diventando egli stesso di volta in volta una lepre, un insetto, un cane. Una sensibilità rara e totalizzante, la sua, incapace di sfogarsi tra gli uomini, verso i quali matura un’avversione sempre più forte (l’uccisione, stupida e crudele, del suo unico amico, un topolino di nome Jolly, è un punto nodale nella fuga del giovane dagli “affari umani”).


   La mancanza della madre è la causa principale della sua discesa nelle tenebre vampiriche del Conte, del suo lasciarsi avvolgere dal buio in cambio di una parvenza d’affetto e comprensione. Sarà infatti la comparsa di una donna misteriosa a far precipitare definitivamente la sua vita e a farlo diventare servo-schiavo-emulo di Dracula.


   Riprendendo nello stile e nel linguaggio – e citandone pure molti passi – il romanzo originale, Lucas fa una precisa analisi psicologica di Renfield, rispondendo ai dubbi che una figura così narrativamente forte eppur “minore” dell’opera stokeriana avevano fatto nascere, e restituendo un senso alle stranezze e piccole e grandi follie del triste zoofago.


   Tra riflessioni sulla figura del vampiro come simbolo del male che non può morire, simbolismi religiosi e squarci terribili sull’infanzia di Reinfield, l’autore realizza uno spin-off per niente banale e in certi passaggi malinconicamente angosciante.


   Il finale è spiazzante (c’è un salto temporale di un centinaio d’anni) e ci conduce fuori dagli orrori di carta per ricordarcene di recenti e terribili. E notarne certi parallelismi è parecchio inquietante.
 
Tim Lucas, Il libro di Renfield, Gargoyle Books, pagg.  316, euro 14