DONNA ITALIA, NICOLETTA BAZZANO

Una donna e un luogo che hanno lo stesso nome...

DONNA ITALIA, NICOLETTA BAZZANO

C’è un libro che parla di “una donna e di un luogo che hanno lo stesso nome: Italia. La prima è allegoria del secondo e, dall’antichità ad oggi, è stata via via rappresentazione artistica letteraria e politica”: si tratta di Donna Italia di Nicoletta Bazzano, ricercatrice di Storia moderna presso la Facoltà di Scienza della comunicazione dell’Università degli studi di Teramo.


   Un libro che, impreziosito da 46 tavole a colori, è dedicato, dunque, a una figura simbolica e reale nello stesso tempo. Donna Italia è stata incisa sulle monete di bronzo, scolpita nel marmo, dipinta e cantata. La sua effige canonica è una delle tante declinazioni della Grande madre terra mediterranea: regina coronata di torri, la cornucopia a mostrarne la ricchezza, la stella fulgente ad illuminarne i destini.


   È stata, nel corso del Medioevo, la donna umiliata e straziata dalla sofferenza; nel corso dell’Ottocento, durante la stagione risorgimentale e per breve tempo, Donna Italia diventa invece icona della neonata nazione italiana. Quasi evanescente nell’attuale immaginario culturale, Donna Italia sembra essere, meglio di ogni altro personaggio, capace di raccontare “quel complesso e affascinante passato politico e culturale, remoto e prossimo, nel quale radicano sia il nostro presente sia il nostro futuro”.


   Il testo ripercorre innanzitutto il periodo in cui Italia, nel I secolo a. C., ha visto la luce per la prima volta in forma di donna, su una moneta coniata nella cittadina di Corfinium: il suo volto è quello della rivolta di molte tribù della penisola italiana a Roma.


   La constitutio di Caracalla del 212 d.C. segna per la Penisola italiana la prima delle molteplici misure che ridimensionano la sua posizione eccezionale, che verrà definitivamente perduta nel 476 d.C. con la caduta dell’Impero romano d’Occidente. Nei secoli seguenti, in cui il territorio si frantuma in diverse entità politiche, la nozione stessa di Italia appare confusa e, parallelamente, la sua allegoria femminile si presenta con estrema rarità e con nessun attributo peculiare.


   Essa torna ad essere politicamente eloquente all’Inizio del Trecento, complici le turbolenze che per tutto il secolo scuotono le realtà comunali. In questo periodo, inoltre, l’Italia conserva, agli occhi dei contemporanei, un carattere speciale, in virtù della presenza di Roma, la città più importante dell’antichità e ora sede del cristianesimo occidentale. Fra le sue immagini letterarie, si ricorda quella di Dante, che la vede disperata in assenza di un imperatore che la governi, proprio come Roma che, priva del pontefice, è bisognosa dell’aiuto imperiale. Ma l’autrice fa riferimento anche ai versi del Petrarca ed al progetto egemonico di Gian Galeazzo Visconti negli ultimi decenni del Trecento.


   Con il suo carico di dolore, cocente e inconsolabile, l’immagine di Italia ritorna sulla scena allorché la discesa nella penisola di Carlo VIII re di Francia dà inizio alla lunga stagione delle “guerre d’Italia”.


   È però fra il Cinque e il Seicento che l’allegoria Italia assume le sue vesti definitive e gli attributi che diverranno canonici: il globo come trono, la cornucopia e la corona turrita illuminata da una stella. Un’immagine riscoperta durante il Rinascimento (anche grazie all’interesse per la geografia), con l’affermarsi dell’idea di unità culturale e religiosa della Penisola, garantita dalla presenza del Papato. Nell’edizione del 1603 dell’Iconologia di Cesare Ripa, un ricchissimo prontuario di immagini allegoriche di matrice classica, elencate in ordine alfabetico e descritte nei minimi particolari, è presente anche quella di Italia, destinata a comunicare a colui che la guarda un’impressione di opulenza e di autorità. E se alla fine del Seicento il mito dell’Italia accusa i primi segni di debolezza, tanto che i viaggiatori stranieri cominciano a essere più colpiti dalla miseria degli abitanti che dagli splendori artistici e architettonici che sono venuti ad ammirare, ai primi del Settecento i letterati italiani tornano a rinverdire i fasti perduti.


   Gradatamente, intanto, nei primi anni dell’Ottocento, Italia riacquista i suoi tradizionali attributi, cui si aggiunge una nuova personalità: non più solo allegoria di una territorio, diventa personificazione di una comunità politica, ancora embrionale nella stagione napoleonica, ma pronta a sostenere valori liberali di partecipazione politica e a promuovere con forza l’unità politica della Penisola.


   Essa appare nei versi di Manzoni, di Leopardi e di Mameli, nelle statue di Antonio Canova, di Vincenzo Vela e di Stefano Ricci o nel dipinto di Francesco Canella.


   Dopo averla ignorata per decenni a vantaggio delle figure dei sovrani, a partire dal 1908, Italia ricompare sulla moneta da una lira e diviene interprete del movimento interventista nella Prima Guerra Mondiale, con la prospettiva di portare a conclusione il processo di unificazione cominciato nel Risorgimento.


   Ma al termine del conflitto 1915-1918, quando si afferma l’uso di elevare monumenti ai caduti, l’autentico protagonista è il soldato con al suo fianco la Vittoria: raramente ad essa si sostituisce la figura di Italia. Allo stesso modo, durante il periodo fascista, è Roma ed il suo mito ad essere fonte di ispirazione e cornice culturale del sottostante nazionalismo.


   La stagione politica che si inaugura dopo la liberazione del nazifascismo manifesta un aperto rifiuto dell’abuso di simboli e di retorica, soprattutto a causa della natura popolare dell’Italia nata all’indomani del referendum popolare per la scelta fra monarchia e repubblica. La sua ultima apparizione ufficiale è sulla scheda referendaria, una scelta che ha sollevato non poche obiezioni e discussioni.


Negli anni successivi la sua presenza si dirada, per essere costante solo nella vignettistica, al braccio di politici e vestita con il tricolore.


   La ritroviamo in una canzone di Francesco De Gregori del 1979, Viva l’Italia, nella quale, in definitiva, prende vita una nuova versione dell’allegoria della nazione. Con il suo richiamo a valori nazionali e la sua dichiarazione d’amore verso un paese segnato dai lutti del terrorismo– conclude l’autrice –, ha contribuito a trasfondere nell’immaginario collettivo l’immagine di un’Italia che “non ha paura”, “che resiste” e il profilo dolcemente materno in una società ormai orfana di padri.

Nicoletta Bazzano, Donna Italia, Angelo Colla Editore, pagg. 176, euro 18,00