“Il tunnel” di Abraham Yehoshua

Una vicenda intima e privata che s'intreccia a doppio filo con quella collettiva e politica del popolo palestinese e di quello israeliano, vicinissimi eppure cosí distanti dal trovare un modo per esistere insieme.

“Il tunnel” di Abraham Yehoshua

“-Allora ricapitolando,- dice il neurologo.

-Sì, ricapitolando,- sussurra la coppia.

- I disturbi non sono del tutto inventati. Abbiamo veramente rilevato un’atrofia del lobo frontale, che potrebbe suggerire una lieve degenerazione neuronale.”

È il timore -più che il timore, l’incubo di chiunque non sia più giovane- il sentirsi fare questa diagnosi. Il dover fronteggiare il decadimento delle proprie capacità intellettive, arrivare al punto di non saper riconoscere chi ci è caro, la moglie, il marito, i figli, di non ricordarsi neppure il proprio nome. Chi siamo, che cosa resta di noi e della nostra identità se si spegne la luce sul nostro passato? E non solo sul passato.

Il nuovo romanzo del grande scrittore israeliano Abraham Yehoshua inizia con la scena di Zvi Luria e la moglie che ascoltano le parole del medico. Zvi , settantatre anni, in pensione da cinque dopo aver lavorato a progettare strade e autostrade per l’ente Percorsi di Israele, non aveva badato ad alcune smemoratezze. Poi era successo che aveva preso il bambino sbagliato all’uscita dall’asilo, invece del proprio nipotino. Sì, è vero che il bambino che gli aveva dato fiduciosamente la manina era in cerca di un nonno che non aveva e lo aveva trovato in lui, ma ugualmente…Ecco perché gli accertamenti. Seguiti dai consigli del medico di combattere la malattia, di far funzionare il cervello, di continuare far l’amore con sua moglie. Il suggerimento della moglie è di trovarsi un lavoro di consulenza, dopotutto ha un’esperienza non da poco come costruttore di strade. E il caso fa sì che il figlio di un ex collega non veda niente di strano nell’accettare la sua proposta di collaborazione: sta lavorando ad un progetto per costruire una strada segreta attraverso il deserto del Negev. Sarebbe una bella sfida per Zvi che ha sempre lavorato nel Nord del paese. Ed è proprio Zvi a suggerire, invece di spianare una collina su cui ci sono dei resti nabatei, di scavare un tunnel che potrebbe anche rendere più facile il controllo della strada. E risolverebbe anche l’altro problema- non danneggiare tre palestinesi (padre e due figli) che, per una strana situazione vivono lì senza carta di identità, non più palestinesi ma neppure israeliani.

Questo è un libro della piena maturità dello scrittore che esplora il tema della malattia- quella mentale di Zvi e quella fisica (un tumore al pancreas) dell’ex collega padre dell’ingegnere che accetta la collaborazione di Zvi. Perché è inutile girarci intorno: se non si muore giovani (e purtroppo non è così poco comune in un paese sempre sull’orlo della guerra come è Israele), saranno il cancro o l’Alzheimer a mettere fine alla nostra vita. E Abraham Yehoshua diventa interprete delle nostre paure cercando di scherzarci sopra, suggerendo strategie per ingannare la malattia, per rallentare, se possibile, il suo inesorabile progredire. C’è ironia macabra nella scena in cui Zvi si fa tatuare sul braccio il numero dell’antifurto dell’automobile- un numero tatuato ha sempre identificato un ebreo che è stato internato nei lager nazisti, con Zvi il numero della morte diventa il numero della salvezza insieme ad altri accorgimenti, come appuntarsi su un taccuino dove abbia parcheggiato la macchina o avere due cellulari con sé.

C’è altro ancora nel romanzo di Yehoshua. C’è un filone politico nella trama secondaria dei tre palestinesi senza identità- e il tunnel del titolo acquista un valore metaforico-, ci sono le frequenti frecciate alla corruzione che non risparmia Israele, si accenna con rimpianto ai grandi leader come Ben Gurion e Rabin, e poi c’è l’amore. L’ho lasciato per ultimo perché il legame d’amore tra Zvi e la moglie è dolcissimo e commovente. E’ l’amore che salva il mondo o, se non il mondo, può salvare Zvi. Ed è il più bel messaggio che lo scrittore possa inviare alla sua Ika, morta due anni fa. Un intero romanzo con la dedica iniziale, Alla mia Ika. Infinito amore.

Ed. Einaudi, trad. A. Shomroni, pagg. 344, Euro 20,00


Recensione a cura di

Marilia Piccone

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