LAURA LIBERALE

Quattro chiacchiere con l'autrice del romanzo lirico e crudele "Tanatoparty"

LAURA LIBERALE

È una morte irriducibilmente bella quella che ci appare nel romanzo di Laura Liberale “Tanatoparty”, pubblicato da Meridiano Zero. Stradanove ha incontrato l’autrice e ha provato a comprendere meglio quest’opera lirica e crudele.

I riferimenti al mondo dell'estetica mortuaria appaiono piuttosto  approfonditi, dipendono da una tua conoscenza pregressa o ti sei documentata in  maniera specifica per il libro? Puoi raccontarci qualcosa di questa ricerca  o di questa tua conoscenza?

   Nessuna conoscenza pregressa. Mi sono documentata molto in corso d'opera. Le fonti sul tema dei trattamenti conservativi mortuari e, più in generale, sulla morte sono state Internet, naturalmente, e tutta una serie di letture (autori come E. Morin, Z. Bauman, J. Mitford, E. Kubler-Ross, F.
Giovannini...).

Il personaggio che mi ha colpito di più è Mina, la sorella di Lucilla Pezzi, quella che cede, fa i conti con la vita e infine rinuncia a sé, fallendo  anche nella conquista dell'amore della madre che rimane ad accudire. Lucilla,  radicale ed estrema anche oltre il proprio termine, rifiutando i compromessi appare al di là della realtà quotidiana e dei relativi metri di giudizio. Come ti  poni nei confronti di questi due personaggi?
   La prima figura che si è delineata nella mia testa è stata quella di Mina, la sorella di Lucilla Pezzi. In una precedente versione del romanzo, Mina, di fronte al cadavere di Lucilla, diceva: "Perché non sei dentro la terra? E fra una mostra e l'altra dove ti metteranno? In uno scantinato, coperta da un telo di nylon per proteggerti dalla polvere? La carne non è fatta per restare, Lucilla. Ma forse mi  sbaglio. Io di arte non so nulla, e so poco anche di te, in fondo. Forse tutto questo ha senso perché tu sei famosa, perché hai sempre svelato le vicende del tuo corpo e ne hai fatto poesia. Così ora resti. Un po' come quelle sante profumate dalla carne intatta che ricordano ai vivi la grandezza della loro esistenza". Ho amato molto Mina. C'è come un denominatore comune in tutti i miei personaggi: una sorta di fedeltà estrema a se stessi. Mina è fedele alla sua abnegazione, alla sua rinuncia. Lucilla lo è nei confronti della vocazione artistica. Sergio è fedele al suo amore giovanile. Clotilde alla sua professione-missione. Leo alla sua solitudine, al suo isolamento necrofilo. Gli ecoterroristi sono fedeli alla loro causa. È un piccolo romanzo che parla di destini e di scelte definitive.

La morte oggi appare sotto nuove vesti, apparentemente privata di ogni profondità, ma forse appropriata alla contemporaneità. Pure un  gruppo di intrepidi cerca di riportarla alla più nota e, direi, confortante  forma classica. Tu come ti poni a riguardo?

   Cerco soltanto delle parole per raccontarla, a me e agli altri. Laicamente, sì, ma nel riconoscimento del mistero e della carica simbolica.

Ci puoi raccontare brevemente la storia della creazione di  Tanatoparty, dalla prima ispirazione fino alla pubblicazione e quali sono state le conseguenze di questo percorso?
   La molla iniziale è stata la volontà di elaborare il lutto per la perdita di mio padre. Così, anziché aspettare che il tempo agisse da guaritore, mi sono buttata a capofitto nel buco nero "morte", cercando di chiarire a me stessa tutta una serie di questioni. Certe tematiche, comunque, mi hanno sempre attratta e, per certi versi, ossessionata. Ho scritto una prima versione del romanzo nel 2006. L'ho presentata alla casa editrice Meridiano Zero. Marco Vicentini, l'editore, mi ha contattata e, pur apprezzando il mio stile, mi ha sollecitata a riscrivere la storia. Così è stato. Nel 2007 c'è stata una seconda versione, ma neanche quella è stata giudicata buona. Con un paziente lavoro di cura dell'orticello, Marco mi ha accompagnata fino alla stesura definitiva. Un bel percorso per sole 128 pagine, no? Le conseguenze? Una lunga dedica, di 128 pagine appunto, un lungo compianto finalmente esternato. E la pacificazione.

Infine una curiosità biografica, nel libro ci dici di far parte di  una band composta da scrittori, è curioso, ce ne puoi parlare?

   La band è composta da me (basso), Umberto Casadei (voce, "Il suicidio di Angela B.", Sironi editore), Heman Zed (batteria, "La cortina di marzapane", "La zolfa", edizioni Il Maestrale), Roberto Barani Vannucchi (chitarra, ex Blumercado). Al momento stiamo lavorando a un cd di vecchie cover garage rock per un progetto musical-letterario. Poi, chissà...