Intervista a Nicole C. Vosseler, autrice de "Il botanico inglese"

Marilia Piccone ha intervistato per noi Nicole Vosseler, autrice del libro "Il botanico inglese". La scrittrice ci svela interessanti dettagli sulla storia e sul personaggio di Robert Fortune.

Intervista a Nicole C. Vosseler, autrice de "Il botanico inglese"

Dopo aver finito di leggere “Il botanista” di Marc Jeanson, qualche mese fa, avevo detto che quel libro mi aveva aperto le porte su un nuovo mondo. Non è un caso che mi sia venuto tra le mani “Il botanico inglese” di Nicole Vosseler- volevo saperne di più di quel nuovo mondo, volevo addentrarmi per sentieri verdeggianti, pronta a lasciarmi ancora incantare. Ascoltiamo quello che ha da dirci la scrittrice tedesca- a me viene voglia di iniziare il romanzo da capo.

Ho amato entrambi i personaggi principali, sono tutti e due molto interessanti. Come è venuta a conoscenza di Robert Fortune? Ha capito subito che poteva darle una bella storia da raccontare?

Mentre facevo ricerche per il mio secondo romanzo, “Il cielo su Darjeeling”, mi ero già imbattuta nell’aneddoto storico di un inglese che contrabbandava semi di tè dalla Cina all’India. Era piuttosto interessante raccogliere questo dettaglio per quel romanzo, ma, per qualche motivo, non ero andata a fondo per scoprire chi fosse questo sconosciuto inglese. Soltanto parecchi anni più tardi, alla ricerca di nuove idee, mi sono imbattuta di nuovo in questo aneddoto. Questa volta scoprii non solo che il suo nome era Fortune, Robert Fortune, ma anche che lui, nato in Scozia e con un lavoro come giardiniere in Inghilterra, si era camuffato da cinese per la sua missione. Il che mi sembrava del tutto folle. Impossibile che avesse funzionato, assolutamente impossibile. E invece la storia prova che sì, ha funzionato, e questa era allora la storia che io volevo raccontare.

Quando poi ho letto anche che, oltre a tutto questo, aveva introdotto il kiwi in Europa e tante altre piante che oggi diamo per scontate senza sapere la loro origine, era fatta: ero accalappiata.

Lian: mi ha affascinato forse ancora di più di Robert. Non avevo mai letto niente riguardo i Jianghus- ha fatto di lei una donna-guerriero per equilibrare la sensibilità un poco femminea di Fortune?

Assolutamente sì.

Quando ho iniziato a pensare ad una controparte femminile per il mio botanico, mi si è affacciata subito in mente la figura di una donna con una spada. Forse perché mi sono sempre piaciuti i film wuxia, di arti marziali, come “Crouching Tiger, Hidden Dragon”, “House of Flying Daggers” o, soprattutto, “Hero”. Riguardandoli per questo romanzo, ho iniziato a fare ricerche sull’ambientazione storica e sono rimasta senza fiato davanti al materiale che ho trovato riguardo ai jianghus, uomini e donne. Quasi incredibile in una società rigida come quella della Cina Imperiale. Forse non è così sorprendente che siano diventati materia di leggenda.

Quello è stato il mio punto di partenza per pensare ai ruoli fissi di genere, sia nell’Est che nell’Ovest. Per riflettere sull’attraversare limiti e confini ed entrare nell’ignoto, che è diventato una sorta di filo conduttore nel libro. Mi piaceva l’idea di una donna che la vita aveva reso dura e che scopriva inaspettatamente il suo lato più dolce e disseppelliva le emozioni nascoste.

È un’esperta di botanica? Non ho il pollice verde ma le sue descrizioni mi hanno incantato. È stato difficile fare ricerche sulla flora cinese?

Neppure io ho il pollice verde. Il fatto che il Ficus Benjamina che ho ricevuto in regalo per il mio diciassettesimo compleanno continui a verdeggiare nel mio appartamento, dopo più di trent’anni e parecchi traslochi, è dovuto più alla resistenza di questa pianta che a un mio successo.

Una volta ho letto da qualche parte che gli scrittori devono essere dei dilettanti dotati. Nel mio caso, è proprio vero. Con ogni mio romanzo divento un’esperta in nuovi campi, ma solo entro l’ambito del romanzo stesso. É una delle cose che più mi piacciono dell’essere una scrittrice: immergermi in un materiale nuovo, imparare cose nuove. Ma naturalmente amo i fiori, chi non li ama? La natura in generale: sono affascinata dall’ingegnosità del mondo naturale. Per questo romanzo ho avuto il miglior consulente nello stesso Robert Fortune, che ha registrato meticolosamente le sue scoperte nei suoi diari di viaggio. E poi ho avuto la fortuna di trovare un ampio catalogo della flora cinese per riempire le lacune.

Ed è stato difficile seguire le tracce di Robert Fortune?

Ancora una volta i diari di viaggio di Robert Fortune mi hanno lasciato un resoconto dettagliato dei luoghi in cui era stato, con quello che aveva visto e sentito e sperimentato laggiù. Mi sono anche resa presto conto che dovevo restringere il suo vero viaggio per farne un romanzo. La parte più difficile è stata proprio decidere quali località e quali episodi selezionare per la mia storia su di lui.

In definitiva, è riuscito Robert a rubare le semenze del tè? Dove le hanno coltivate gli inglesi?

Sì, ci è riuscito. Dopo alcuni tentativi ed errori è riuscito a mandare semi che poterono essere usati in India. Con le conoscenze di prima mano che Fortune aveva avuto in Cina, i britannici furono in grado di iniziare a coltivare il loro té, prima in Assam e dopo in Darjeeling, creando laggiù i loro famosi ‘champagne dei té’.

Nel romanzo ci sono tre filoni, quello di Robert, quello di Lian e quello di Jane: li ha scritti nell’ordine in cui li leggiamo ora, cioè alternandoli? Oppure ha seguito un altro metodo? C’è stato uno di questi tre filoni che ha trovato più difficile scrivere?

Le parti di Robert e Lian sono state scritte nello stesso ordine in cui appaiono ora nel romanzo finito. La parte di Jane fa eccezione: ho scritto la storia dalla sua prospettiva più o meno come una storia unica a sé e dopo ho inserito nel manoscritto le singole parti. Dei tre filoni della storia, quello di Jane è stato di gran lunga il più facile. Mi sembrava di sentire nell’orecchio la sua voce che mi dettava le pagine.

Mi sono piaciute molto anche le inserzioni, il linguaggio dei fiori in particolare: lo ha inventato?

Anche se l’uso dei fiori per esprimere sentimenti o comunicare un messaggio è vecchio quanto il mondo, il linguaggio dei fiori conobbe la sua massima fortuna nell’età vittoriana. I significati dei fiori nelle didascalie delle diverse parti del romanzo derivano da parecchie opere del secolo XIX. Ma poiché queste opere furono stampate negli anni dopo il viaggio di Fortune, ho deciso di inventare una raccolta fittizia con il linguaggio dei fiori veramente usato dai vittoriani.

Usa spesso il nome di Fortune in giochi di parole, ma nomen omen, non è stato veramente fortunato a sopravvivere a malattie e pericoli in Cina? Molti dei suoi contemporanei non hanno avuto altrettanta fortuna…

Fu veramente fortunato, e ripetutatmente, in tutti i suoi viaggi in Cina, nelle Filippine e in Giappone: i suoi resoconti sembrano libri di avventure. Eppure non era un avventuriero, non era un tuttofare. Non all’inizio. Poi però imparò ad esserlo, in Cina, e ho trovato intrigante questo suo cambiamento. Proseguendo le ricerche, ho avuto l’impressione che il vero Robert Fortune doveva vivere due vite, una in Europa e una in Asia, quasi come se fosse due persone diverse. Si sentì spezzato, quando non riuscì a tornare in Cina, dapprima per un’altra guerra laggiù, poi per mancanza di soldi e infine per problemi di salute. Ed è questo che più mi ha toccata del vero Robert Fortune: la forte sensazione che abbia lasciato il cuore in Cina.

È stato un eroe, Robert Fortune? La gente ricorda i nomi dei conquistatori, mentre altri tipi di conquistatori in genere non sono tenuti in considerazione o sono dimenticati.

Non è esagerato dire che Robert Fortune ha cambiato il mondo. Perché è stato il tè dell’India che ha reso l’impero britannico così ricco da potersi espandere ancora di più, guadagnando questo potere immenso di cui si vedono tuttora gli effetti.

Anche su una scala minore, la vita e l’operato di Robert Fortune hanno avuto effetto duraturo. Ad ogni stagione di fioritura penso a lui. La forsizia che vediamo in primavera discende da una varietà che portò dalla Cina. Le nostre rose, le peonie, hanno queste forme e questi colori perché alcuni dei loro antenati arrivarono nel suo bagaglio. I kumquats nei nostri mercati della frutta portano il suo nome nella loro denominazione botanica, fortunella. Niente, però, mi ha stupito di più dell’apprendere che i ‘bleeding heart’ (in Italia sono chiamati ‘cuor di fiore’ o ‘pendenti della regina’), così tipici dei giardini dei villini tedeschi, sono stati portati da Robert Fortune dalla Cina.

Recensione di Marilia Piccone al romanzo:

"Il botanico inglese"

Intervista a cura di

Marilia Piccone

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febbraio 2020