GIANRICO CAROFIGLIO

Intervista al magistrato romanziere autore dell'ottimo "Testimone inconsapevole"

GIANRICO CAROFIGLIO

Le recensioni comparse sui vari giornali sono state unanimi: "Testimone inconsapevole", opera prima di Gianrico Carofiglio, magistrato di professione, è un gran bel romanzo. Stradanove ha raggiunto lo scrittore a Bari, dove Carofiglio è nato ed abita, per parlare con lui del suo libro.

Il suo romanzo è, per un certo verso, un "legal thriller", un genere di cui abbiamo molti esempi nella narrativa americana e quasi nessuno in quella italiana. Come mai?
 Credo ci siano diverse ragioni per la quasi totale assenza di legal thriller nella narrativa italiana. La prima e la più ovvia è che la forma “giallo legale” è legata ad un particolare tipo di processo, il cosiddetto rito accusatorio. E’ il tipo di processo, per intenderci, in cui avvocato e pubblico ministero interrogano e controinterrogano i testimoni. Si tratta di un contesto che si presta molto a situazioni drammatiche, ai colpi di scena, al romanzo, insomma. Il processo accusatorio negli Stati Uniti esiste da secoli, da noi solo dal 1989. Sono convinto però che esistano anche ragioni culturali più profonde per questa assenza, ma questo è un discorso molto lungo che credo superi lo spazio di una intervista

Leggendo un romanzo in prima persona, ci viene sempre spontaneo domandarci quanto ci sia dell' autore nel personaggio narrante.
  Tutto e niente. La storia è pura fantasia. I personaggi sono pura fantasia. Le situazioni sono pura fantasia. E però, perché ovviamente c’è un però, tutto si nutre di cose realmente accadute, di esperienze, di gusti ed avventure personali eccetera. Mi piace una metafora da pasticciere. Scrivere una storia è come preparare un dolce. Ci sono gli ingredienti, che si tritano, si frullano, si mescolano, e alla fine cuociono. Che cos’è il dolce che viene fuori dal forno? Gli ingredienti messi insieme o qualcosa d’altro? Detto questo posso confessare che nel romanzo ci sono due, anzi no, tre episodi autobiografici. Ovviamente non dico quali sono.

Ci sono tre filoni tematici nel libro, quello della giustizia, quello sociale e quello personale. Parlando del filone "legale", mi è piaciuta moltissimo l'arringa della difesa che non penalizza nessuno, né testi accusatori, né giudici, puntando sulla fallibilità umana. Mi sembra che il mestiere dell'avvocato sia molto simile a quello del medico riguardo alla responsabilità per la vita umana.
   E’ vero, esistono somiglianze. Sia il medico che l’avvocato hanno a che fare con persone in difficoltà, o in grave difficoltà. Sia il medico che l’avvocato dovrebbero essere capaci di trattare con umanità ed equilibrio queste situazioni, il che però accade di rado. Detto questo mi lasci dire che mi fa molto piacere che lei abbia apprezzato l’arringa dell’avvocato Guerrieri, e ne abbia colto lo spirito. L’avvocato dovrebbe essere il portatore di una cultura critica, di una attitudine a non accettare le verità precostituite, di un anticonformismo costruttivo. A dire la verità anche questo accade di rado. Molto di rado.

Il problema dell' immigrazione: nel Nord Italia, arriva un'immigrazione filtrata. Certamente l' impatto dell' immigrazione ha una maggiore forza d' urto in un paese dai confini marini come la Puglia. Fino a che punto l'immigrazione nel Meridione è un' immigrazione "di passaggio"?
   Non sono un esperto di fenomeni migratori. Quello che noi magistrati vediamo, per esempio in una indagine, non è mai (o quasi mai) il fenomeno nel suo insieme, ma singole manifestazioni di questo fenomeno. Detto questo si può dire, con buona approssimazione, che nella mia regione - la Puglia– vi siano cospicui fenomeni migratori di passaggio e, contemporaneamente, una numerosissima immigrazione stanziale. Africani, albanesi, polacchi, cinesi ed anche moltissimi cittadini di altre etnie asiatiche.

Ci sono dei gruppi che sono riusciti a formare una comunità con una struttura interna?
   Certamente i cinesi e gli albanesi, che purtroppo hanno formato anche comunità criminali oltre a quelle pacifiche ed integrate. Poi gli africani, che hanno loro punti di incontro ed una vita collettiva relativamente organizzata. Ed infine la numerosa e pacifica comunità proveniente dalle isole Mauritius. Credo che Bari– non so per quale ragione– sia la città italiana con la più alta concentrazione di cittadini mauriziani.

E' cambiato qualcosa nella mentalità della gente? Che possibilità hanno gli immigrati più colti, come Abdou, di un inserimento più adeguato, sia nel mondo del lavoro sia in quello dei rapporti sociali?
   Bari ha molti difetti, ma mi sento di escludere che sia mai stata una città razzista. Certo non è facile per un extracomunitario con un livello di istruzione superiore trovare una occupazione adeguata ai suoi studi o alla sua preparazione. Questo però non credo sia legato a preconcetti razzisti, ma alla generale crisi del mercato del lavoro intellettuale. E del mercato del lavoro in generale.

"Legal thriller" ma anche romanzo di formazione: nel romanzo di crescita tradizionale si passa attraverso l'esperienza della morte per crescere. Per Guido Guerrieri è un'esperienza diversa, ma è pur sempre una "crescita".
Nelle mie intenzioni soprattutto romanzo di formazione. C’è tutto, credo, in quella frase di Lao Tze che è in epigrafe (ma anche sulla maglietta di Margherita): “Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla".

Mi è dispiaciuto che uscisse di scena l' egiziana. Era necessario forse che sia Abdou sia Guido restassero soli per superare la prova?
   Io ho raccontato la storia come mi è venuta. Ma comunque sì, credo che quella storia richiedesse che i due rimanessero soli ad affrontare l’avventura.

Non è chiaro perché finisce il matrimonio di Guido e Sara: forse perché non si sa mai quando e perché finisce un matrimonio? o perché, usando il proverbio turco che viene in mente a Guido apparentemente senza motivo, bisogna imparare " a camminare sulla neve senza lasciare impronte" prima di amare?
   Il matrimonio finisce perché Guido è diventato un mediocre e un piccolo vigliacco. Tutto il romanzo è la storia del riscatto da quella mediocrità e da quella vigliaccheria.

Sta scrivendo un secondo romanzo? può anticiparci qualcosa?
   Sì, sto scrivendo un romanzo basato su un'idea che mi piace molto, forse un po' difficile da dire in poche parole. Riguarda il confine mobile (e spesso invisibile) fra la cosiddetta normalità e il resto; possiamo usare parole grosse? ma sì: riguarda il confine mobile fra il cosiddetto bene ed il cosiddetto male. Tutto questo viene raccontato attraverso la storia violenta di un ragazzo normale, anzi di un ragazzo modello che un passo alla volta si trasforma in qualcosa d'altro. Fino ad un colpo di scena finale che è stata l'idea da cui è cominciata la scrittura.

Gianrico Carofiglio, Testimone inconsapevole, Ed. Sellerio, pagg. 316, Euro 11,00