ORFANI N. 1 E 2, RECCHIONI, MAMMUCCARI E BIGNAMINI

Fantascienza bellica nella nuova miniserie (a colori) targata Bonelli. Dopo i primi due numeri il giudizio è sospeso... Per ora è più un "nì" che un "sì"

ORFANI N. 1 E 2, RECCHIONI, MAMMUCCARI E BIGNAMINI

La storia di Orfani, la nuova miniserie (da quante “stagioni” ancora non si sa) a colori targata Bonelli che promette di rivoluzionare (produttivamente) il modo di fare fumetti in Italia, è ormai arcinota: la Terra è stata ferita a morte da un nemico sconosciuto, una forza aliena dotata di una tecnologia superiore che ha seminato distruzione e sangue. Dalle sue ceneri, dalla giovinezza violata di un gruppo di bambini rimasti soli, nascono i guerrieri del futuro. Sono il Boyscout, il Pistolero, l'Angelo, la Mocciosa, l'Eremita, i nuovi difensori (anche se sinora più che difendere attaccano) dell’umanità.

In mezzo a questo plot, che si dipana in un “presente” che vede i giovani orfani addestrati per diventare macchine da guerra, e in futuro in cui sono già in azione, ci sono anni avvolti nel mistero.

Ma com’è dopo i primi due episodi questo Orfani? Anzitutto veloce. Veloce come era (e forse anche di più) ai suoi bei tempi John Doe, sempre parto dello sceneggiatore Roberto Recchioni, una lettura che non ti porta via più di 20 minuti, con molte tavole ricche di combattimenti, dialoghi ridotti all’osso e che il più delle volte sembrano slogan o citazioni, e ritmo elevato.

Ricorda altro?

Per ora no.

Fantascienza con giovanissimi protagonisti. Tanto di già visto. Che possa piacere a un target di, appunto, giovanissimi, però, ci sta. La storia fila via senza incertezze (ma anche senza particolari guizzi) e la lettura è piacevole. Per ora manca la capacità di affezionarsi ai personaggi. Poca empatia. Ma c’è tempo, spero.

I disegni a colori funzionano? Eccome. La qualità del tratto dei disegnatori assoldati (Mammuccari e ), delle colorazioni e delle copertine (un Massimo Carnevale che sembra crescere numero dopo numero) sono un valore aggiunto notevole.

Il soggetto e la sceneggiatura? Partendo dal presupposto che l’originalità non deve essere obbligatoria, sì, funziona. Soprattutto per un target ben preciso ma funziona. Recchioni ha mestiere e tecnica e riesce a sceneggiare regalando la consueta dinamicità alla lettura. Sui contenuti per ora non ci si può dire del tutto soddisfatti (e non per le tante cose che sembrano non tornare, probabilmente volute, ma proprio per la mancanza di eventi, svolte, fatti, situazioni) , ma chi ha pazienza e fiducia (e Recchioni in John Doe ha saputo stupire sino all’ultimo) è giusto che attenda. Almeno sino al prossimo numero.

La frase di lancio "spacca"? Bah... Insomma... "Noi non facciamo arte. Facciamo cadaveri". Ecco, d'accordo che si tratta del motto di una scuola di addestramento per bambini che devono diventare assassini, quindi la sua malsanità, il suo essere sbagliata a priori è comprensibile... ma rimane davvero poco efficace.

Orfani è da comprare assolutamente? No, ma almeno da provare, cercando di capire se il senso di dejà vu così esibito risulta piacevole o indigesto. Poi, dopo i primi 3 numeri, un primo bilancio si potrà fare. E decidere. Per ora è un “nì” più che un “sì”.

Recchioni, Mammuccari e Bignamini, Orfani n. 1 e 2,  Bonelli, pagg. 110, euro 4,5