HIAWATA PETE, FRANCESCA GHERMANDI

Un mondo di cartoon in cui la linea è netta e il protagonista è un papero

HIAWATA PETE, FRANCESCA GHERMANDI

Il volume raccoglie tutte le strisce che Francesca Ghermandi ha pubblicato sulla rivista “La dolce vita”, con alcune revisioni su testo e colore. La presente edizione, qualitativamente ineccepibile, comprende un’interessante intervista di Igort all’autrice, corredata da schizzi e disegni preparatori.


   Hiawata Pete invita il lettore in un mondo famigliare e disteso: un mondo di cartoon in cui la linea è netta e il protagonista è un papero. Salvo alcune eccezioni, le strisce sono autoconclusive e consentono al lettore rapide incursioni spot, senza che per questo debba assumersi grandi responsabilità. Ci si può mettere comodi.


   Questa volta, però, è Paperino e non Alice ad aver assaggiato il fungo offerto dal bruco, tra un tiro e l’altro di narghilè: riflesso dalla porta a specchio della percezione, il collo del papero appare allungato, il becco stretto ed appuntito, le mani enormi. Questa può anche essere un’interpretazione personale, ma la Ghermandi un occhio al mondo delle meraviglie deve avercelo dato, perché ad un certo punto Pete si trova a prendere il tè, stretto in una casa minuscola, peraltro di sua invenzione, che tanto ricorda quella del Bianconiglio.


   Certo è che lo sguardo, dopo essersi abituato alle linee morbide della Ghermanti, subisce uno scarto.


    Tutto appare improvvisamente deformato e il mondo edulcorato del cartoon disneyano si rivela nella sua realtà consumistica e pressante. Il consumatore di fumetti viene sorpreso proprio dove meno se lo aspetta.


    Il buonismo rilassante che circonda il celebre papero di Walt Disney  e che tutti i lettori di Topolino conoscono ed assorbono con riconoscenza, viene meno e il mondo si mostra in tutte le sue contraddizioni. Liberato finalmente da un manuale delle giovani marmotte che gli rinnova va pedantemente ogni giorno il senso di colpa, Paperino/Pete può finalmente concedersi di seguire i suoi istinti più naturali: fumare contemporaneamente dieci sigarette, spendere un mucchio di denaro per un paio di occhiali a raggi x e appiccare il fuoco al convento di un gruppo di religiose che cercava di riportarlo sulla retta via.


   Le strisce si susseguono veloci in una galleria di personaggi incredibili, la cui caratterizzazione si basa molto più sul disegno, perfetto e ricchissimo di dettagli, che non sul testo. Imperdibili il Gran Sacerdote degli Obesi, che predica salvezza per chi si ingozza di carne di maiale, Barbie Nebraska che ordisce piani diabolici per recuperare la bellezza perduta, dopo che, all’ennesima plastica, la sua faccia è collassata e la Pornomucca, che il nome basta.


   Diversamente dagli autori classici della striscia, come Schultz o Davis, in Hiawata Pete è il disegno ad essere predominante rispetto al testo ed è specie agli amanti del disegno che queste strisce si rivolgono, inoltre è perfettamente coerente con una distorsione che agisce primariamente sulla percezione visiva.

Francesca Ghermandi, Hiawata Pete, Coconino Press, pagg. 96, euro 14.00