Nell'ambito del progetto SiaMO, gli operatori Infobus nella zona di Via Viterbo

Proseguono le uscite degli operatori della prossimità per contattare i gruppi giovanili presenti in città. Come vivono la città e quali sono le loro preoccupazioni; in primis la ricerca di un lavoro.

Nell'ambito del progetto SiaMO, gli operatori Infobus nella zona di Via Viterbo

Martedi 12 dicembre, per il progetto SIAMO, ci rechiamo in Via Viterbo perché i residenti della zona hanno segnalato la presenza di alcuni ragazzi che recano disturbo fino a tarda serata con schiamazzi.

In via Viterbo c'è uno dei 9 punti della rete Net Garage, uno spazio messo a disposizione dal Comune di Modena dove è possibile navigare gratuitamente in Internet (liberamente e assistiti dagli operatori), frequentare corsi sulle nuove tecnologie, conoscere nuovi progetti e nuove persone. Lo scopo è quello di arricchire l’offerta aggregativa per i giovani in città, promuovere attività legate all'informatica, alle nuove tecnologie, alla creatività e al protagonismo giovanili.

Arriviamo in Via Viterbo alle 19:00, il Net Garage è ormai chiuso ed è proprio lì accanto, sulle scale esterne di un palazzo, che vediamo un gruppo di 5 ragazzi tra i 15 e i 18 anni. Ci avviciniamo per scambiare quattro chiacchiere, ma appena ci vedono cominciano a parlare in arabo tra loro indicandoci. Sembrano diffidenti, alcuni credono che siamo della polizia; quando poi gli spieghiamo del progetto che svolgiamo si tranquillizzano e pian piano ci accolgono.

Sono 4 ragazzi tunisini ed un ragazzo di padre spagnolo e madre napoletana; qualcuno di loro lo abbiamo già conosciuto con il progetto Infobus, mentre un altro lo avevamo incontrato al Parco Novi Sad, sempre con il progetto SIAMO. Sono proprio questi ragazzi a tranquillizzare i compagni un po' più infastiditi dalla nostra presenza.

Il ragazzo spagnolo è quello che ci accoglie più volentieri, cerca di calmare gli altri e risponde alle nostre domande; è nato a Modena, è l'unico maggiorenne del gruppo ed è alla ricerca di lavoro. Si è trasferito in quella zona da poco tempo, ci spiega che quel posto è il punto di ritrovo del gruppo, dove i ragazzi passano il tempo a chiacchierare, fumare sigarette e prendersi in giro e che in fondo non fanno nulla di male; ci dice che nel week end il gruppo si sposta e frequenta diversi pub e discoteche di Modena e che gli piacerebbe che in giro per la città ci fosse più gente, mentre se si esce la sera durante la settimana la città è deserta.

Un altro ragazzo tunisino di 17 anni ci dice che ha abbandonato la scuola, che è alla ricerca di lavoro e nel frattempo ruba nei negozi. Noi inizialmente gli crediamo, ma più avanti nella chiacchierata emerge che il ragazzo va ancora a scuola e che è seriamente preoccupato per il lavoro futuro. Altri due ragazzi del gruppo sono fratelli e il più piccolo di loro ci dice che sono arrivati in Italia da soli qualche anno fa e vivono in una comunità per minori stranieri non accompagnati; quando gli chiediamo maggiori informazioni gli altri ragazzi più grandi lo incitano a smetterla di raccontarci bugie.

I ragazzi del gruppo sono tutti nati in Italia, abitano in quella zona e talvolta frequentano il Net Garage (negli anni precedenti lo frequentavano più spesso) e quando all'inizio gli abbiamo chiesto la loro nazionalità è nata tra loro una discussione sul fatto che sono nati in Italia e quindi sono italiani.

Ci chiedono a cosa serve questo progetto e gli spieghiamo che facciamo una mappatura della città e una raccolta di dati su abitudini, bisogni e desideri dei ragazzi stranieri che vivono a Modena, oltre ad informare sulle opportunità della città e ad indirizzare ai vari servizi.

Ci chiedono, a questo punto,  se andiamo in altre zone della città, in particolare ci mettono in guardia su zone come Viale Gramsci e Parco Novi Sad perché sono zone, ci dicono, in cui c'è delinquenza. Gli spieghiamo che il progetto coinvolge anche quelle zone, che sono zone vigilate dalla polizia e che finora non ci è capitato di assistere o essere vittime di episodi di delinquenza. Quando gli chiediamo cosa vorrebbero che ci fosse a Modena ci rispondono che vorrebbero un posto al chiuso in cui potersi ritrovare gratuitamente per stare in compagnia; ci dicono anche che vorrebbero un coffee shop. Spieghiamo ai ragazzi anche che siamo lì perché ci è giunta una segnalazione da parte dei residenti della zona e loro ci raccontano che effettivamente a volte la sera si ritrovano a chiacchierare con toni di voce alti, ma che per il resto non fanno nulla di male.

Alla fine della chiacchierata un ragazzo che per tutto il tempo si era mostrato diffidente ci dice che ha capito il senso del nostro intervento, che hanno ammesso di arrecare disturbo al vicinato e provvederanno a darsi una regolata, che scherzavano sulla richiesta di un coffee shop a Modena perché sanno che dipende dalle politiche del Paese e che piuttosto dobbiamo accogliere la loro richiesta di ricerca di un lavoro, che i più grandi del gruppo sono seriamente preoccupati perché credono che ci sia poca offerta e temono di non trovare lavoro. Allora li incoraggiamo a continuare a studiare e li indirizziamo verso vari punti di orientamento al lavoro tra cui l'informagiovani.

La chiacchierata per tutto il tempo è abbastanza caotica, i toni di voce erano sempre alti e i ragazzi parlavano spesso tra di loro anche in arabo. Dopo un'iniziale diffidenza e presa in giro nei nostri confronti, pian piano i ragazzi si sono sciolti, ci hanno dato fiducia e hanno cominciato ad aprirsi raccontandoci le loro vere preoccupazioni e come vivono la città. Alla fine si sono dispiaciuti che siamo andate via, a dimostrazione del fatto che la chiacchierata è stata piacevole anche per loro!

Articolo scritto da Angela Tortora e Giulia Meschiari

Cooperativa sociale "Il Girasole"

Dicembre 2017


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